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#SalTo12. Riflessione n. 2

Salone del Libro di Torino 2012

Salone del Libro di Torino 2012

In questo secondo ed ultimo post dedicato al Salone del Libro di Torino riprendo, sviluppandolo, un argomento presente in nuce già nell’articolo di ieri; infatti nel momento in cui evidenziavo come il modello di business ad oggi prevalente nell’editoria digitale rischi di fungere da freno anziché da traino sottintendevo implicitamente come ciò andasse in primo luogo a discapito di quello che dovrebbe essere il protagonista assoluto, vale a dire il lettore.
In effetti, a parole, tutti nel mondo dell’editoria affermano di avere a cuore di quest’ultimo ma nella realtà le cose stanno un po’ diversamente e quanto visto e (non) sentito al Salone conferma questa mia idea.
Infatti posto che la tecnologia dovrebbe migliorare la vita e non complicarla vien da chiedersi: è veramente pensato per facilitare la vita del lettore/cliente un sistema che prevede il DRM? A Torino i grandi dell’editoria hanno sì ventilato l’ipotesi di togliere i tanto vituperati (da parte dei lettori) “lucchetti digitali” ma non è giunto, a quanto mi risulta, nessun annuncio ufficiale (diversamente da quanto avvenuto al Salone di Londra di qualche settimana fa)!
Ancora: è veramente pensato per l’utente un sistema che adotta un formato proprietario come il .mobi leggibile solo con il device che tu stesso produci a meno che non ti metti a smanettare con programmi di “conversione”? Già, perché se andavi allo stand di Amazon i ragazzi (peraltro gentilissimi) mica ti dicevano di questo piccolo “inconveniente”!
E proseguiamo: è veramente pensato per l’utente un sistema in cui si è praticamente “costretti” a comprare i propri libri in un determinato online bookstore che magari non ha nemmeno un adeguato catalogo e questo perché non è stato trovato l’accordo con tutte le case editrici sulla ripartizione dei profitti? Ok, la situazione sta sensibilmente migliorando, ma ciò non toglie che siamo ben lungi dal raggiungere l’optimum!
Per finire, siamo così sicuri che il ricorso alla nuvola (alla quale, per inciso, da sempre guardo con interesse) rappresenti, così come viene raffigurato da alcuni operatori, un passo in avanti? Ad esempio nel momento in cui mi si elencano le virtù insite in un sistema come quello rappresentato da Reader di BookRepublic (app di lettura presentata al Salone che scommette proprio sul cloud; n.d.r.) ovvero possibilità di creare una propria biblioteca sulla nuvola, lettura a partire da n dispositivi che vi si collegano, sincronizzazione ergo possibilità di riprendere la lettura lì dove l’abbiamo interrotta, etc. non sarebbe forse opportuno ricordare come in caso di crash dei server o di assenza di connessione la lettura non è semplicemente possibile (a meno che non si possieda anche una copia in locale)? E non sarebbe male nemmeno rammentare che per accedere alla nuvola serve una connessione dati e che quest’ultima implica la presenza di un hotspot Wi-Fi gratuito e/o la sottoscrizione di un abbonamento sempre che il device da noi posseduto sia dotato di antenna Wi-Fi e/o slot per SIM-card? Insomma, il cloud fa molto figo ma come tutte le tecnologie ha anche delle controindicazioni che sarebbe bello venissero spiegate.
In definitiva, mi sembra che dell’utente ci si ricordi “a singhiozzo” e forse sarebbe il caso di imparare qualcosa dalle biblioteche (sulla sorte delle quali proprio al Salone del Libro ci si è posti inquietanti domande) e dalla loro cultura di servizio che, sicuramente nella teoria e sicuramente anche in alcune realtà avanzate, pone davvero al centro l’utente (approccio user-centered)! Forse nel nostro futuro digitale della biblioteca e dei bibliotecari non avremo più bisogno ma della cultura della biblioteca indubbiamente sì.

#SalTo12. Riflessione n. 1

Stand Amazon

Lo stand Amazon al Salone del Libro di Torino del 2012

L’editoria digitale è stato il tema principe della venticinquesima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino: gli organizzatori della manifestazione hanno non a caso scelto come slogan quello di “Primavera Digitale”, volendo con esso evidenziare come un po’ tutti gli operatori ripongano le loro speranze nelle nuove frontiere digitali per risollevare le sorti complessive dell’editoria e magari garantirle un prospero futuro.
Per chi come il sottoscritto si diletta a scrivere di “cose digitali” è sicuramente una cosa da salutare con favore ma sul fatto che poi si tratti di una speranza ben riposta è tutto da verificare! I lettori più assidui di questo blog ben sapranno che sull’argomento ho una posizione alquanto “problematica”, nel senso che non perdo mai l’occasione di sottolineare come le cifre del digitale in valori assoluti continuano ad essere modeste e che il modello di business che va per la maggiore rischia di fungere da freno anziché da volano per la crescita.
E che l’editoria digitale e l’ebook rappresentino ancora una nicchia appare in modo palese dallo spazio relativamente esiguo occupato a livello di stand espositivi: nonostante il digitale fosse il tema principale del Salone, “mappa alla mano” stimo che l’area “Book to the Future” coprisse al massimo il 7-8 % dell’area espositiva totale. Se si considera poi che in questo 7-8 % fossero presenti produttori di device “puri” come Sony e Trekstor ed altri impuri / ibridi come IBS ed Amazon (ma anche realtà legate al social reading come Zazie.it) si intuisce come gli editori digitali veri e propri fossero davvero una esigua parte e soprattutto come essi possano apparire, specie agli occhi del pubblico “generalista” del Salone, quasi delle mosche bianche!
E proprio ai lettori tradizionali il passaggio attraverso l’area “Book to the Future” deve aver provocato, mi immagino, una certa sensazione di disorientamento: nessuna pila di libri in bella mostra, nessun catalogo delle opere ma modelli di ebook reader o addirittura, presso lo stand di BookRepublic, una gentile ragazza che “confezionava” a tutto spiano con uno strano macchinario palloncini d’aria contenenti un codice grazie al quale, previa registrazione sul sito Bookrepublic.it, ottenere dieci ebook gratis.
Sicuramente una trovata pubblicitaria originale che testimonia appieno come, nel momento in cui viene a mancare il supporto fisico del libro (con la copertina che di suo rappresentava un potentissimo strumento di persuasione all’acquisto, assieme ovviamente ad altre efficaci strategie come il passaparola, le recensioni, le presentazioni in TV, in libreria e in biblioteca, etc.), la funzione aziendale “marketing” si trova a svolgere un ruolo sempre più centrale, quasi alla pari dell’imprescindibile lavoro editoriale “sul testo”, e sicuramente superiore rispetto a quello, attualmente importantissimo per le aziende “fisiche”, della distribuzione / logistica.
Le case editrici stanno cambiando “vestito”, che stia arrivando la Primavera?

Microsoft e Barnes & Noble: la strana alleanza

Barnes & Noble eReader Software Coming to iPad

Barnes & Noble eReader Software Coming to iPad di John Federico, su Flickr

La notizia dell’alleanza stipulata tra Microsoft e Barnes & Noble, con la prima azienda che investirà 300 milioni di dollari in una nuova sussidiaria appositamente creata dalla seconda e destinata ad operare nel mercato dell’editoria digitale (con una particolare attenzione, almeno stando al comunicato stampa congiunto, per quella scolastica) mi ha praticamente fatto sobbalzare dalla sedia per le probabili ripercussioni (peraltro non evidenziate dai giornali mainstream, sempre più occupati a fare da mera cassa di risonanza ai vari uffici stampa) che essa avrà nel sistema di alleanze attualmente in essere nel settore dell’editoria digitale.
Questo mercato, come noto, vede attualmente a livello globale la presenza di tre attori (Amazon, Apple e Google) che si spartiscono la maggior parte della torta: che Microsoft non intenda lasciar campo libero ai concorrenti è del tutto comprensibile (peraltro ricordo che il gigante di Redmond ancora nel lontano 2008, prima di Apple, sembrava sul punto di lanciare sul mercato il booklet Courier) così come è quasi automatico che essa abbia individuato in Barnes & Noble, che con il suo Nook sta facendo discrete cose, il partner ideale.
Allo stesso tempo però non sfuggono ad una più attenta analisi delle incongruenze talmente macroscopiche che mi hanno spinto a definire, come da titolo di questo post, questa alleanza “strana”.
La prima incongruenza deriva dal fatto che Microsoft, come risaputo, ha stipulato circa un anno fa un’accordo con Nokia a seguito del quale l’azienda finlandese ha abbandonato il proprio sistema operativo Symbian per sposare Windows Phone 7 e tentare di risalire la china nel decisivo settore degli smartphone; l’operazione non sta andando secondo le aspettative al punto che Nokia ha perso il primato di primo produttore mondiale di telefonia in favore di Samsung ed ha visto un deciso peggioramento dei suoi conti al punto che i rumour su un takeover da parte di Microsoft nei confronti di Nokia (o quanto meno di un consistente scambio azionario) si sono fatti insistenti. Personalmente trovo questa ipotesi più che plausibile dal momento che la società fondata da Bill Gates si ritrova in cassa parecchi quattrini e soprattutto l’attuale CEO, Steve Ballmer, non ha paura di spenderli (i tentativi di acquisizione di Yahoo! lo testimoniano ampiamente).
In questo senso l’investimento nella NewCo di B&N è a tutti gli effetti di poco conto (giusto per fare un paragone, i 300 milioni di dollari in ballo sono bruscolini in confronto ai 44,6 miliardi rifiutati nel 2008 da Jerry Yang) e rischia da un lato di non essere incisivo quanto basta e dall’altro di portare ad una duplicazione che ingenera solo confusione e sprechi. Un primo punto critico è quello del tablet: al Mobile World Congress Stephen Elop, CEO di Nokia, ha fatto intuire che la sua azienda prima o dopo produrrà una tavoletta che evidentemente avrà Windows Phone (o quello che sarà il suo successore) come sistema operativo. Mi chiedo a quale logica risponda ora l’accasarsi con Barnes & Noble, i cui device della famiglia Nook montano tutti SO Android.
E’ ipotizzabile che B&N stia preparando il terreno per l’abbandono di Android (tanto più ora che Google, passo dopo passo, si sta trasformando in un competitor su tutti i fronti)? Certamente sì, tutto è possibile, ma c’è da domandarsi come la prenderanno gli utenti di Barnes & Noble! Android oramai costituisce il più diffuso sistema operativo al mondo ed il suo ecosistema non ha più nulla da invidiare a quello di Apple; al contrario quello di Microsoft oltre a contare percentualmente davvero poco non esercita neppure alcun particolare appeal, motivo per cui le stime di molti analisti, che accreditano a Windows Phone da qui a pochi anni quote rilevanti del mercato, mi sembrano palesemente ottimistiche.
L’ultimo aspetto dell’accordo che non mi ispira fiducia è quel riferimento specifico all’editoria scolastica: perché focalizzarsi solo su quest’ultima? Mancano forse i mezzi per puntare sull’editoria tout court? Viste le aziende in campo non era lecito attendersi l’annuncio di un accordo di carattere generale e, in prospettiva, su scala globale?
In altri termini considerando come, ciascuna per motivi diversi, Microsoft, Barnes & Noble e Nokia svolgono un ruolo da comprimarie nei rispettivi mercati, credo sarebbe stato meglio cercare di rovesciare il tavolo giocandosi il tutto per tutto, vale a dire annunciando un’alleanza globale a tre nella quale Microsoft metteva il software, Nokia l’hardware e Barnes & Noble i contenuti. Solo così facendo queste tre aziende possono tentare di invertire quell’inerzia che altrimenti, a mio avviso, rischia di vederle nel medio – lungo periodo soccombenti. Fermo restando che non necessariamente l’unione fa la forza: spesso i numeri due restano i numeri due anche quando si uniscono.

Amazon, ecco i risultati del primo trimestre 2012

Amazon Kindle Unboxing

Amazon Kindle Unboxing 1 di xsas, su Flickr

Nel giorno in cui Comscore certifica il successo del Kindle Fire (oltre la metà dei tablet Android in circolazione, il 54,4 % per l’esattezza, è costituito da Fire), Amazon ha rilasciato i dati economici relativi al primo trimestre del 2012, i quali sono così sintetizzabili: ricavi in crescita del 34% a 13,18 miliardi di dollari (da 9.86 di un anno fa) ma utile netto in calo del 35% a 130 milioni di dollari. Queste cifre mi sembra confermino quanto da me sostenuto in un post di alcuni giorni fa: le vendite vanno (ed in un periodo di crisi / recessione qual è l’attuale non è poca cosa) ma i margini si riducono, si corre sul filo del rasoio e Jeff Bezos lo sa perfettamente. Che la partita dei libri sia ad un punto cruciale (tanto più ora che le indagini avviate nei confronti di Apple per i presunti accordi stipulati da quest’ultima con alcune case editrici nord-americane potrebbe indebolire uno dei principali competitor) lo si intuisce anche dal fatto che nel comunicato stampa odierno Jeff Bezos parla (o meglio decanta le lodi) esclusivamente di libri, senza nemmeno menzionare la pur importante divisione AWS: dapprima egli si fa vanto dei 130mila titoli presenti in esclusiva sul Kindle Store (16 dei quali rientrano nella classifica dei Top 100), poi arzigogola sulla rivoluzionarietà del Kindle Owners’ Lending Library e da ultimo promette solennemente che il Kindle Store rimarrà uno dei principali fattori che spingeranno a comprare il reader Kindle.
Non per fare il bibliotecario guastafeste ma ho molto da obiettare su ognuno di questi punti sbandierati come altrettanti successi / ulteriori traguardi da raggiungere: 1) il solo pensiero che per comprare un libro io debba rivolgermi ad uno specifico store mi fa semplicemente accapponare la pelle (se fossimo in ambito analogico ci sarebbe qualche attenuante, ma in quello digitale dove la distribuzione non ha costi, è del tutto illogico); la circolazione di un libro, e delle idee in esse contenute, deve avere meno restrizioni possibili! 2) il “rivoluzionario” programma Kindle Owners’ Lending Library, ha gran poco della biblioteca ed ancor meno del prestito (a meno che per prestito si intenda a) spendere i soldi per acquistare il necessario Kindle b) versare i 79 dollari annui necessari per essere un Prime Member) 3) Amazon persevera nell’indurre gli utenti a restare ancorati all’accoppiata Kindle Reader + libri acquistati (con DRM) nel Kindle Store quando i numeri (espressi ed inespressi) dovrebbero aver fatto capire alle alte sfere di Seattle che gli utenti hanno voglia di libertà di scelta: come interpretare altrimenti il fatto che l’app di Kindle per iPad sia, tra quelle gratuite, la quinta maggiormente scaricata dall’Apple Store (fonte: lo stesso comunicato stampa di Amazon citato sopra!)? E che dire delle notizia provenienti dalla London Book Fair? Oramai molte case editrici sono apertamente a favore dell’abbandono del DRM (TOR, del gruppo Macmillan, è una di queste), visto finalmente per quello che è: un intralcio alla crescita dell’editoria digitale.
Insomma, il vento sta cambiando è c’è da augurarsi che anche a Seattle lo capiscano.

Jeff Bezos e la scommessa dell’ereader

Bezos_Amazon_Kindle

Bezos_Amazon_Kindle di sam_churchill, su Flickr

Amazon decisamente al centro delle cronache in questi ultimi giorni! Se una notizia sarà giunta sicuramente alle orecchie della maggior parte di voi in quanto riguarda direttamente l’Italia, ovvero l’avvio delle consegne del Kindle Touch 3G con una settimana d’anticipio rispetto a quanto inizialmente comunicato, l’altra forse no avendo ricevuto minor attenzione da parte dei media nostrani: Jeff Bezos, CEO dell’azienda di Seattle, ha congelato per il terzo anno consecutivo il suo stipendio ad 81.840 dollari (benefit, premi e compensazioni varie esclusi). Il motivo di tanta austerità è presto detto: la sfida all’iPad è incentrata soprattutto sul prezzo altamente competitivo del Fire e tale politica aggressiva deve continuare. Bezos vuole pertanto comunicare, all’interno ed all’esterno dell’azienda, con quanta determinazione egli intenda continuare la battaglia.
Al di là del significato simbolico, il gesto fa però a mio avviso trasparire come a Seattle si sia consapevoli che i margini di guadagno sono ristretti e bisogna tirare la cinghia! Il capo, in sostanza, non fa altro che dare il buon esempio. Del resto più volte ho evidenziato la pericolosità di una siffatta politica dei prezzi: sinora la sfida è stata vincente in quanto i volumi di vendita decisamente elevati (a proposito Jorrit Van der Meulen, vice presidente e responsabile per l’Europa di Amazon, nel comunicato stampa di ieri ha tenuto a rimarcare come la risposta del Vecchio Continente al Kindle Touch 3G sia stata superiore alle aspettative ma come da prassi non ha diffuso cifre precise), favoriti dal fatto che i principali rivali (famiglia Samsung Galaxy ed iPad) hanno un costo nettamente superiore.
Se questo è il quadro, c’è da chiedersi cosa accadrà nel momento in cui arriverà il tablet di Google, il Nexus, soprattutto se verrà confermato il prezzo di appena 150 dollari con cui si dice potrebbe presentarsi sul mercato! Inutile dire che la pressione su Amazon sarebbe notevolissima e difficile dire se l’azienda di Jeff Bezos abbia spazi di manovra per poter rilanciare nuovamente al ribasso. Non serve essere un laureato in economia per rendersi conto che in caso di risposta negativa la duplice combinazione di a) margini di guadagno per pezzo ridotti e b) volumi di vendita in calo, potrebbe avere pessime conseguenze sui conti aziendali.
Insomma, la battaglia si preannuncia aspra e sul campo potrebbero rimanere morti e feriti.

L’ascesa dell’e-reading… ed il declino della biblioteca?

eBook Reader di goXunuReviews

eBook Reader di goXunuReviews, su Flickr

Trovo sempre molto interessanti le ricerche provenienti dagli Stati Uniti e questo perché notoriamente quanto accade al di là dell’Atlantico anticipa di almeno un paio d’anni quanto avverrà in Europa; in questo specifico caso la ricerca pubblicata qualche giorno fa dal Pew Research Center è degna della massima attenzione per i seguenti ulteriori motivi: 1) riserva un occhio di riguardo per il mondo delle biblioteche 2) non si limita alla solita analisi delle differenze indotte dall’avvento dell’e-book in opposizione al libro cartaceo ma amplia lo sguardo all’insieme dei contenuti digitali disponibili in Rete (e-content), quali giornali online, webzine, etc. 3) seppur con uno specifico interesse per i possessori di e-reader e/o tablet, tiene in considerazione tutti i possibili dispositivi di lettura (è, in altri termini, una ricerca nei limiti del possibile neutral device).
Quali sono dunque, in sintesi, i principali risultati di questa ricerca? In primo luogo va osservato che dal 1978 ad oggi è aumentato (per la precisione dall’8 al 19%) il numero di coloro che non legge alcun libro / non risponde; chi legge, lo fa soprattutto per piacere e per informarsi. In questo contesto dal 2010 in poi si è assistito ad un incremento sostanziale di chi afferma di aver letto un e-book; in particolare a giugno 2012 alla domanda sul formato di libro letto nell’ipotetico giorno-tipo antecedente al sondaggio, il 95% rispondeva libro a stampa e 4% e-book mentre oggi tali percentuali sono passate ad 84 e 15% rispettivamente (in altri termini il libro elettronico ha triplicato la sua quota); ancor più netta l’ascesa dell’e-book se ampliamo l’arco temporale: il 21% dei cittadini statunitensi ha letto un libro digitale nel corso dell’ultimo anno.
La crescita dell’e-reading fa da pendant con la diffusione di appositi device di lettura, su tutti e-book reader e tablet: tra i primi domina nettamente l’Amazon Kindle (62%) seguito a lunga distanza dal Nook di Barnes & Noble (22%) mentre quote irrisorie sono detenute da Sony con il 2% (magro bottino per un’azienda che è stata tra le pioniere del settore) e Kobo Reader (1%; anche qui il risultato è deludente, considerando come la piattaforma di Kobo sia tra le più note). Tra le tavolette invece il primato spetta, manco a dirlo, alla Apple con le varie versioni del suo iPad anche se viene confermato il ruolo emergente di Amazon, il cui Kindle Fire si attesta al 14%; i vari Samsung Galaxy (5%), Nook Color (1%) e Motorola Xoom (1%) recitano praticamente il ruolo di comparse.
Interessanti anche le “intenzioni di acquisto”: il 13% di coloro che non possiedono un e-reader ne valutano o ne hanno già pianificato l’acquisto, percentuale che sale al 18% qualora in ballo sia l’acquisto di un tablet. Come si noterà non si tratta di cifre altissime, il che porta a chiedersi quali siano le ragioni che inducono a non effettuare l’acquisto; in questo senso la ricerca di PEW non pone domande specifiche, ma qualcosa lo possiamo intuire dalle motivazioni usate da coloro che non hanno alcun dispositivo: il 24% afferma di non averne il bisogno / di non volerlo e il 19% di non poter permetterselo a causa del prezzo elevato. Degne di nota anche le giustificazioni addotte per spiegare il perché non si possiede un e-reader (“preferisco la carta”, 16%; sarebbe stato interessante sapere se tale presa di posizione abbia origini “ideologiche” o se sia il frutto di una valutazione razionale dei pro e contro del libro a stampa in confronto al libro digitale) o una tavoletta (“ho già sin troppi device, non me ne servono altri”, 3%, argomentazione questa assai più generica e probabilmente derivante da considerazioni di ordine economico), le quali confermano, com’era lecito attendersi, come i possessori di e-reader (e per converso i non possessori) valutino questo strumento in primo luogo dal punto di vista dell’utilità concreta circa la funzione di lettura.
Finora abbiamo parlato specificamente di e-book, ma alla luce dei dati emersi sarebbe più corretto guardare all’intero panorama degli e-content: il 43% dei cittadini statunitensi sopra i 16 anni ha infatti letto una qualche forma di testo digitale di una certa lunghezza, una percentuale assai superiore rispetto a quelle del 14 e 21% citate poc’anzi! La pratica dell’e-reading inoltre appare “benefica” se si considera che, rispetto ai lettori tradizionali, i lettori “digitali” a) leggono di più e per più motivi (piacere, ricerca, istruzione, lavoro, etc.), b) consumano libri in più formati oltre a quello digitale (a stampa ed audiobook) c) così come di più tipologie (quotidiani, riviste, etc.) e, fatto non trascurabile, d) ne comprano pure di più (e sono più propensi a farlo rispetto ai lettori tradizionali).
Tale apporto positivo trova ulteriore conferma nel seguente dato: il massiccio diffondersi dei contenuti digitali non ha danneggiato la lettura, anzi! A fronte di un 60% che dichiara di leggere come prima un cospicuo 30% legge persino di più e dice di farlo sui più disparati device: smartphone, personal computer (42%) ed ovviamente dispositivi ad hoc quali tavolette ed e-reader (41%).
Quelle che rappresentano note positive circa la diffusione dell’e-book purtroppo costituiscono, sia nello specifico di questa ricerca sia inserendole in una prospettiva di medio termine, altrettante note dolenti proprio per la biblioteca: infatti con l’affermarsi del libro digitale rischiano di imporsi alcune pratiche che semplicemente “fanno a pugni” con quelli che sono i compiti tradizionali della public library: i lettori di e-book ad esempio preferiscono acquistare il proprio libro (digitale) rispetto ai lettori “generici” (61% VS 54%) ed assai meno a riceverlo in prestito, e questo a prescindere dalla provenienza (amici, parenti, biblioteca)! Qualora il nostro lettore di e-book possieda anche un qualche dispositivo di lettura, questo atteggiamento si fa ancor più marcato: alla precisa domanda su come avessero ottenuto l’ultimo libro da loro letto, i possessori di tablet hanno affermato di averlo acquistato per il 59 e quelli di e-book reader addirittura nel 64% dei casi; per contro solo nel 10 ed 11% dei casi rispettivamente essi dichiaravano di averlo preso in prestito da una biblioteca.
Le cose non vanno meglio se si guarda a come i lettori di e-book sono “arrivati” a questi libri: nel 64% dei casi il canale principale è stato il passaparola di amici e famigliari, seguito da online bookstore e siti web (28%) e librai (23%). Il bibliotecario e/o il sito web della biblioteca chiudono tristemente ultimi con il 19%.
Nemmeno quando si cerca un preciso libro la biblioteca è in cima alle opzioni: nel 75% dei casi la scelta ricade su un’online bookstore od un sito web e solo nel 12% dei casi si fa affidamento sui servizi della propria public library.
Analoghe le proporzioni pure nel caso di lettori di e-book che sono anche possessori di device di lettura: se famiglia, amici e colleghi restano prima fonte di consigli / suggerimenti con l’81% la biblioteca (o meglio il suo sito) è utilizzata dal 21%. Qualora poi si possieda un dispositivo di lettura e si sia alla ricerca di un titolo specifico la ricerca online è di gran lunga la strategia più seguita (84%) contro un misero 11% appannaggio delle biblioteche.
I numeri, dunque, non sono incoraggianti per l’istituzione “biblioteca”, soprattutto alla luce del fatto che questa mezza débacle avviene negli Stati Uniti, dove il sistema bibliotecario è sicuramente avanzato e il digital lending è un servizio fornito ormai dalla maggior parte delle biblioteche! Che fare dunque? Esiste un modo per invertire quest’inerzia?
Guardando al profilo del lettore digitale (caratterizzato da maggiore propensione all’acquisto e minor ricorso al prestito) ed al contesto generale (la Rete come simbolo della disintermediazione) indubbiamente il timore che, man mano che le generazioni native digitali diventeranno “maggioranza”, la situazione possa addirittura peggiorare è indubbiamente fondato; ciò non significa che le biblioteche non abbiano alcune carte da giocarsi, alcune delle quali desumibili dalla stessa ricerca del PRC.
In primo luogo i soggetti intervistati hanno manifestato alcune perplessità relativamente al costo degli e-book reader (ricordo che l’elevato prezzo è uno dei principali fattori che dissuadono dall’acquisto): per quanto il costo di questi dispositivi sia visibilmente in calo, è un dato di fatto che ad oggi il lettore di e-book tipo è (sempre secondo la ricerca di PRC) bianco e con un reddito ed un’istruzione medio-alta. In tal senso la funzione “democratizzante” e la mission della biblioteca nel fornire libero accesso alla conoscenza a tutti i cittadini escono intatte se non addirittura rafforzate (riprova ex contro sia che a richiedere in prestito e-book sono appartenenti delle minoranze, con reddito ed istruzione medio-bassi).
In secondo luogo, molti lettori affermano che uno dei vantaggi del libro di carta è quello di poterlo prestare ed in generale di poterne disporre con maggior libertà rispetto al corrispettivo digitale, il che è un assurdo in termini essendo come noto in ambiente digitale la distribuzione praticamente a costo zero ed immediata; evidentemente non si tratta di difficoltà legate al formato, ma dipendenti dai vari “lucchetti” (DRM) (im)posti dagli editori! Pertanto la battaglia che le biblioteche stanno conducendo per togliere o perlomeno limitare queste restrizioni potrebbe procurare loro molti nuovi “amici” che magari un giorno decideranno pure di diventarne utenti, ribadendone l’importanza in seno a questa nuova società così incentrata sulle tecnologie digitali.
Quello dei servizi è il terzo aspetto della vicenda: è infatti evidente che esiste un problema di offerta e non mi sto qui riferendo esclusivamente alla disponibilità a catalogo di titoli di questo argomento o in quella lingua (a proposito gli intervistati della ricerca difficilmente non trovano quel che stanno cercando) ma soprattutto alla funzione di search; fintantoché agli utenti verrà spontaneo ricercare un libro a partire dalle pagine web o dalle app degli online bookstore è quasi automatico che le biblioteche ricopriranno un ruolo marginale in ambito e-book! Occorre pertanto che vengano approntati SOPAC (Social Online Public Access Catalogue) e relative applicazioni per dispositivi mobili capace di ricreare quell’ambiente unico della biblioteca, vale a dire un ambiente nel quale si incontrano 1) una comunità di amanti del libro / della lettura, 2) i libri e 3) un bibliotecario la cui presenza potrebbe essere anche “on demand” e che dovrebbe fungere un po’ da guida e un po’ da moderatore.
Concludo ricordando come la ricerca abbia sottolineato più volte come la biblioteca sia punto di riferimento pressocché esclusivo allorché si tratta di audiobook; ovviamente quest’ultima deve ambire a svolgere un ruolo “universale” ma non è nemmeno da sottovalutare la possibilità di specializzarsi in un settore di nicchia qual è appunto quello degli audiobook (ma potrebbe trattarsi di qualsiasi nuovo formato che l’evoluzione tecnologica ci riserverà), tanto più che si tratta di un servizio di norma destinato a persone con problemi di lettura.
In definitiva il destino delle biblioteche non è segnato ma sicuramente solo con un buon mix di intraprendenza, reattività ai cambiamenti e nel contempo fedeltà ai valori fondanti può permettere a questa millenaria istituzione di preservare, nel nuovo contesto digitale, la sua vitalità al servizio della comunità.

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Amazon Kindle Fire: a quando in Italia?

Amazon Kindle Fire

Amazon Kindle Fire di blogeee.net, su Flickr

L’annuncio di ieri da parte di Amazon che in ben 100 paesi (Italia inclusa) verrà a breve commercializzato il Kindle Touch 3G con connessione (al Kindle Store) inclusa, è stata accolto favorevolmente da “addetti ai lavori” e comuni utenti. I motivi di cui rallegrarsi effettivamente non mancano: il Kindle Touch è uno degli ereader maggiormente apprezzati e sicuramente tra i più diffusi, ed ora vanta pure il plus della connessione gratuita inclusa nel “pacchetto”; insomma, un’offerta allettante che alcuni commentatori si augurano possa far decollare una volta per tutte il mercato dell’ebook in Italia.
La mossa di Amazon ha nel contempo sollevato un intenso dibattito (caratterizzato talvolta da considerazione tipicamente “dietrologiche” all’italiana) incentrato sulla domanda cruciale: quando arriverà nella Penisola il pezzo pregiato dei dispositivi targati Amazon, vale a dire la tavoletta low cost Kindle Fire?
A riguardo le posizioni che vanno per la maggiore in Rete sono le seguenti: a) bisogna aspettare che venga approntata la versione di Android customizzata per il mercato italiano, mercato che secondo altri => b) non sarebbe ancora ritenuto maturo da parte del management di Amazon c) le pressioni delle varie lobby nostrane (editori, librai, content provider, etc.) hanno indotto il gigante dell’e-commerce, peraltro sovente accusato di “ammazzare” la concorrenza con pratiche sleali, a ritardare la commercializzazione in attesa che si addivenga ad un accordo su come spartirsi la torta (il tutto, sempre secondo gli assertori di questa opzione, a danno del consumatore finale) d) secondo altri, infine, un ruolo potrebbe averlo svolto il timore che la notoriamente restrittiva legislazione sulla privacy potesse far incorrere il dispositivo made in Seattle in indagini / sanzioni da parte dell’Unione Europea, soprattutto per quel che riguarda il funzionamento del browsercloud-accelerated” Silk.
Personalmente ritengo che un po’ tutte queste posizioni abbiano un fondo di verità: sicuramente la presenza di un SO ad hoc rappresenta un valore aggiunto del prodotto (e pertanto vale la pena attenderne lo sviluppo) così come che la valutazione del “contesto operativo” (ovvero peculiarità del mercato locale, ruolo della concorrenza, cornice legislativa) ha inciso sulle tempistiche di Amazon. Credo però che tra tutti i fattori quello che ha pesato di più sia stato la sostanziale immaturità del mercato italiano non solo e non tanto in fatto di penetrazione dell’ebook (il Rapporto AIE 2011 lo indicava fermo allo 0,04% seppur con trend positivo) ma in generale dell’economia digitale: negli Stati Uniti per il Fire è stato “confezionato” un pacchetto Premium da 70 dollari che consente di ascoltare musica in formato MP3, vedere film, storage illimitato sulla nuvola e via discorrendo. In Italia, a parte la necessità preliminare di stipulare i relativi accordi, semplicemente una cosa simile non sarebbe possibile: la quota di mercato della musica digitale, seppur in crescita, non è ancora in linea con gli altri paesi e per quanto riguarda i film non abbiamo Netflix (e nemmeno il corrispettivo) e questo anche perché infrastrutturalmente (leggasi disponibilità di banda larga… che sia veramente larga) solo poche aree metropolitane riuscirebbero a supportare il servizio. Al contrario, in un perverso meccanismo in cui l’assenza di alternative legali induce ai download illegali ci facciamo rispettare nelle classifiche della pirateria informatica.
Tenendo presente questo quadro di riferimento, è verosimile l’ipotesi, formulata da alcuni osservatori, che indicano il Natale 2012 come data possibile dell’arrivo in Italia (magari in contemporanea con il lancio del fantomatico “Fire 2”)? Dal punto di vista delle tempistiche sicuramente sì… ma forse pure troppo, nel senso che il Kindle Fire arriverebbe da noi ad oltre un anno dal lancio negli Stati Uniti, vale a dire vecchio per quelli che sono i tempi dell’hi-tech. Inoltre dal punto di vista della maturità (e maturazione) del mercato italiano, onestamente non penso che da qui a nove mesi i fondamentali possano cambiare di molto. Intendiamoci, quello natalizio è un periodo propizio per le vendite (Amazon stessa insegna), tanto più che, come ho sostenuto più volte, per quanto il rapporto dispositivi di lettura / ebook sia reciproco, è il primo a far da volano al secondo e pertanto la presenza del Fire potrebbe dare un impulso decisivo nel processo di maturazione del mercato di casa nostra.
Fin qui il ragionamento non fa una piega ma se guardiamo alle mosse della concorrenza, mi viene da ipotizzare un lancio prima di Natale: in estate infatti Google scenderà nell’arena dei tablet con il suo Nexus (questo il nome trapelato) il quale avrà dalla sua un prezzo davvero allettante (150 dollari), il sistema operativo Android Ice Cream Sandwich (mentre il Fire per ora resta ancorato al “vecchio” Gingerbread) oltre che (presumibilmente) la massima integrazione dei vari servizi di Big G e tutti i contenuti del Play Store. Chiaramente un avversario temibile che creerà seri grattacapi; di qui la mia idea che a Seattle potrebbero decidere di giocare in anticipo, con diverse risposte scaglionate nel tempo: a) passaggio ad Android 4 per l’estate (e questa potrebbe essere l’occasione per “sfornare” anche la versione per l’Italia, saltando in pratica la 2.3 ed offrendoci un prodotto appetibile non solo nel prezzo ma anche nel SO) b) per Natale grande battaglia con il lancio di un nuovo Fire il quale, a dar credito alle indiscrezioni, potrebbe avere uno schermo più grande dell’attuale (che ce l’ha da 7 pollici, scelta azzeccata come confermano anche i dati di vendita del Samsung Note; quest’ultimo da pochi giorni è upgradabile ad Android 4.0, a riprova del fatto che è questo lo standard cui ci si deve allineare) giusto per ampliare la gamma di prodotti, tra i quali potrebbe pure comparire un nuovo ereader.
Insomma, i mesi a venire saranno sicuramente densi di novità e, soprattutto, cruciali per il destino dell’ebook.

PS Considerati i massicci riferimenti ai rumor provenienti dalla rete ho approntato su Storify una versione di quest post con gli

Amazon, 2011 con luci ed ombre

Amazon changes

Amazon changes di luxuryluke, su Flickr

Post leggero, questo. In breve la notizia è la seguente: Amazon ha l’altro ieri diffuso i risultati finanziari relativi al quarto trimestre 2011 mostrando dati contrastanti. In particolare ha colpito tutti gli analisti il fatto che a fronte di un fatturato in crescita del 35% a 17,43 miliardi di dollari (cifra ragguardevole, ma ci si aspettava di più) l’utile netto sia sceso del 58% a 177 milioni di dollari. In altri termini le vendite vanno a gonfie vele ma in casa alla fine della fiera non rimane granché ed il perché è facilmente spiegabile: l’azienda di Seattle ha margini di guadagno troppo bassi.
I numeri sembrano dunque confermare quanto avevo a suo tempo detto al momento del lancio del Kindle Fire circa i rischi impliciti nella politica dei prezzi aggressiva scelta da Amazon: gli spazi di manovra sono angusti ed il sentiero è impervio! Nel medesimo post peraltro paventavo il pericolo che i volumi di vendita dei nuovi dispositivi non sarebbero stati adeguati ed in questo ho invece cannato (faccio dunque pubblica ammenda): Jeff Bezos, boss di Amazon, sempre nel comunicato stampa dell’altro giorno ha ringraziato i milioni di clienti europei e statunitensi che hanno reso l’accoppiata Kindle + Kindle Fire i prodotti best seller delle Festività 2011 (senza però fornire cifre più dettagliate) in virtù di una crescita del 65% che ha portato la business unit in questione a pesare per il 35% sul giro d’affari complessivo. A questo punto, a mio vedere, è fondamentale però sapere quanti sono stati gli ereader venduti e quanti invece i tablet perché la cosa fa una bella differenza: chi compra un ereader lo fa evidentemente per leggere ebook che dovrà comprare sull’Amazon Store, generando ulteriore fatturato ed utili; al contrario chi acquista una tavoletta può farne mille usi e le varie ricerche condotte nel tempo “accreditano” alla funzione “lettura” percentuali generalmente modeste (grossomodo dal 5 al 15%). D’accordo, Amazon si sta evolvendo ed ambisce a divenire una rivenditrice di prodotti multimediali (testi, audio, video), ma la mia impressione è che molti siano stati spinti all’acquisto proprio del Fire e proprio per il suo prezzo stracciato che l’ha evidentemente reso un’alternativa allettante all’iPad 2. In altri termini il pericolo è che Amazon abbia sì fatto il botto di vendite ma che queste non siano capaci, o perlomeno sufficienti, a generare per l’azienda di Seattle quel giro d’affari indispensabile per rendere sostenibile una siffatta politica dei prezzi. Staremo a vedere.

Natale col botto per tablet ed e-reader, ma il 2012 cosa ci riserva?

Kindle Fire, Full Color 7″ Multi-touch Display, Wi-Fi

Kindle Fire, Full Color 7″ Multi-touch Display, Wi-Fi di aric123, su Flickr

A quanto pare Babbo Natale ha portato sotto l’albero moltissimi tablet così come parecchi e-reader! Già, perché a leggere qua e là su vari blog specializzati sembra proprio che le vendite di questi sempre più diffusi dispositivi siano andate a gonfie vele; i dati sinora diffusi non sono ancora definitivi ma permettono ugualmente di fare alcune considerazioni nonché di azzardare delle previsioni per il futuro e soprattutto di precisare con maggior dettaglio quanto in precedenti post ho potuto solo abbozzare.
Le notizie sono sostanzialmente due: 1) nel settore dei tablet l’iPad Apple mantiene la sua leadership di mercato ma ha trovato un degno concorrente nel Kindle Fire di Amazon (l’azienda di Seattle ha comunicato di aver venduto a dicembre 1 milione di dispositivi della famiglia Kindle a settimana, con il Fire a recitare la parte del leone); 2) non solo Amazon ed Apple sorridono: le vendite di e-reader in generale sono andate bene, favorite dai prezzi molto bassi (ormai negli USA è la norma trovarne nelle grandi catene sotto la quota simbolica dei 100 dollari).
Archiviato dunque il Natale in modo soddisfacente pressoché per tutti, interessante ora vedere un po’ quali sono gli scenari futuri(bili). Sono convinto che la variabile decisiva sarà sicuramente quella relativa alle scelte tecnologiche effettuate ai diversi livelli dai vari “operatori”.

QUALE SISTEMA OPERATIVO

Sul fatto che Android sarà quello dominante ormai non vi è più alcun dubbio; il suo Market si sta arricchendo sempre più di app ed a breve non ci saranno più sensibili differenze con l’offerta dell’AppStore della Apple. Ciò nonostante non è tutto oro quel che luccica: Amazon ad esempio ha troppo “blindato” il suo Kindle Fire cercando di tenere tutto “in casa” e limitando l’accesso a molte delle applicazioni disponibili: così succede che (a meno che uno non si metta a smanettare – Android in questo è magnifico e chi è capace ed ha voglia di farlo può veramente divertirsi – rootando il dispositivo od installando manualmente i file APK) io, aficionado di Dropbox, non posso caricare i miei e-book su quest’ultima nuvola essendo vincolato a quella messa a disposizione da Amazon stessa (ma solo per quei libri, film, etc. acquistati sul sito Amazon!!!). Pur con tutte queste limitazioni la scelta di adottare il sistema operativo promosso da Google da parte dell’azienda di Jeff Bezos è già un passo in avanti, considerando come quest’ultima, giusto per restare in tema di libri elettronici, ancora si arrocchi sul formato Mobipocket! Molto più aperta su questo fronte si è dimostrata Barnes & Noble, il cui Nook Color 2 è stato l’altro best seller di questo Natale 2011, grazie anche ad un prezzo di vendita che lo rende assai appetibile, fattore che lo accomuna al rivale Kindle Fire! A riguardo onestamente mi chiedo se una politica dei prezzi così aggressiva sia sostenibile nel lungo periodo, essendo i margini di guadagno giocoforza ridotti all’osso! Ma il principale fattore di incertezza riguarda proprio il sistema operativo Android: nel momento in cui Google scenderà in prima persona nell’arena dei tablet verrà garantito l’accesso pieno al codice sorgente a quelli che da un momento all’altro si trasformeranno in competitor? Verranno imposte fee (ricordo che Google stessa “gira” somme non indifferenti alle varie Microsoft, Nokia, HP, RIM, etc. per brevetti usati in Android) tali da rendere questo SO non più conveniente? E se sì, come penseranno queste aziende di ovviare al problema? Realizzando in casa un sistema operativo ex novo oppure riesumando WebOS, recentemente scaricato da HP che lo ha reso open source, oppure ancora ritornando dalla cara vecchia Microsoft (che presto o tardi, pena il declino, dovrà entrare in grande stile nel segmento dei dispositivi mobili)?

LE MOSSE DI GOOGLE

Quali sorprese ci riserverà nel 2012 l’azienda di Mountain View? Per quanto ora ci riguarda la novità più rilevante dovrebbe essere, quale naturale frutto dell’acquisizione di Motorola, la commercializzazione di un tablet di BigG. C’è da scommettere che in esso saranno presenti tutti quei servizi sviluppati pazientemente nel corso degli anni: GMail, Google Maps / Navigator, la suite di produttività online Google Docs senza dimenticare Google Libri / Google eBookstore (nei quali è confluito il tanto discusso progetto Google Books Library Project), la vetrina di giornali Google News, la “classica” funzione di search e via discorrendo! In pratica, grazie alla possibilità di connetterci in mobilità ed alla potenza della nuvola Google, moltissimi dei servizi citati, che usiamo quotidianamente seppur in modo non integrato, verrebbero a trovarsi quasi per magia in un’unica piattaforma pensata appositamente! Idea molto affascinante ma che nel contempo lascia perplessi per i seri rischi di “effetto lock-in”. Nemmeno per Google poi son tutte rose e fiori: la decisione di scendere in prima persona nell’agone dei device mobili potrebbe avere indesiderati risvolti negativi; all’annuncio dell’acquisizione di Motorola i grandi utilizzatori di Android asiatici hanno storto il naso (la stessa reazione degli editori quando Amazon ha lanciato il suo programma rivolto agli autori) al punto che hanno iniziato a cautelarsi cercando le possibili alternative ed iniziando a diversificare la gamma dei SO usati. Insomma l’eccessivo protagonismo potrebbe aiutare la concorrenza! Ulteriore nodo da risolvere, per finire, il destino del progetto Chromium: in base a quanto fatto finora, e soprattutto agli ottimi risultati ottenuti, è naturale pensare che continui ad essere Android (giunto alla sua versione 4.0 Ice cream Sandwich) il SO operativo imbarcato sui “GTablet”, motivo per cui Chromium potrebbe venir cancellato o quanto meno fatto confluire in Android stesso.

LE MOSSE DI APPLE

Per l’azienda di Cupertino la sfida del 2012 è quella di gestire il vantaggio che già si detiene e di rintuzzare gli attacchi dei competitor. Il primo punto sarà risolto lanciando la terza versione del celeberrimo iPad, per il secondo il discorso si fa più articolato. Considerando che l’iPod ormai non tira più come una volta, molti ipotizzano che pur di non lasciare scoperta la fascia di prezzo presidiata dal famoso lettore MP3, l’azienda della Mela stia considerando di produrre anch’essa un tablet low cost che fronteggi il Kindle Fire ed il Nook Color 2. Conoscendo Apple, che raramente rinuncia alle prestazioni (così come ai margini di guadagno), ritengo che la strada che verrà seguita per mantenere entro livelli accettabili il prezzo sarà quella di limitare le dimensioni complessive del dispositivo: non mi sorprenderebbe se nel prossimo anno vedesse la luce qualcosa di affine al Samsung Galaxy Note.

LE MOSSE DEGLI ALTRI

Con il citato Galaxy Note arriviamo a parlare di quelli che sono stati i grandi sconfitti del Natale 2011 (anni fa ci saremmo tutti messi a ridere alla sola idea che i dispositivi più venduti potessero essere marchiati Amazon o Barnes & Noble!). Tutti hanno i loro bei problemi: Samsung ha già sparato la sua cartuccia (fuori bersaglio) con il Galaxy Tab ma il suddetto Note le ha aperto un’interessante nicchia di mercato che è bene sfrutti a dovere prima dell’arrivo della concorrenza e soprattutto deve capire se continuare a “fidarsi” di Google e del suo Android. Anche Nokia mi attendo che batta un colpo nel settore delle tavolette: l’alleanza con Microsoft non può partorire la sola famiglia di telefonini intelligenti Lumia e d’altro canto credo che l’azienda di Redmond spinga per avere un tablet che funga da “vetrina” per il suo Windows Phone 7.5 (Mango). Di HP onestamente non so che dire: dopo aver acquisito Palm, pensato di abbandonare la divisione PC, svenduto il proprio TouchPad, scaricato WebOS, il management non ha ancora deciso “che fare da grande”! L’unica cosa che mi sento di suggerire è che si diano una mossa perché un anno di immobilità significherebbe perdere il contatto con le aziende di punta… a meno che non stiano pensando di tornare di nuovo sul mercato (che sarebbe davvero un non-senso, avendo due anni fa sborsato fior di quattrini per Palm senza poi farsene nulla!) magari puntando a RIM, che come già scritto fa gola a parecchi!

LA SCOMMESSA SUGLI E-READER

Come ricordato all’inizio di questo lungo post, a dicembre sono andate bene anche le vendite di e-reader; per capire ciò che sta dietro a questo risultato apparentemente inatteso possono tornare utili alcuni dati diffusi da Gartner. Questa importante società di analisi sottolinea come i margini di crescita sono ancora elevati soprattutto in Europa occidentale e nella regione Asia / Pacifico in particolare per quel segmento di e-reader avanzati (dotati di connettività, schermo tattile) che possono svolgere, per utenti non esigenti e pronti a qualche rinuncia in quanto a dotazioni tecnologiche, funzioni avvicinabili a quelle dei tablet ma ad un prezzo nettamente inferiore. Gartner non nasconde l’esistenza del rischio cannibalizzazione ma sottolinea come puntando su fattori quali il prezzo e l’esistenza di una nicchia di lettori forti un futuro “autonomo” sia ancora possibile, al punto che colossi del calibro di Dell ed HP (sovvenzionati in questo dai content provider) stanno valutando di entrare in questo mercato dominato da Amazon, Barnes & Noble e Sony, affiancate da una pletora di produttori relativamente più piccoli.

CONCLUSIONI

Nel 2012 assisteremo dunque ad un boom di coloro che attraverso i propri dispositivi nuovi fiammanti scriveranno mail, lavoreranno, leggeranno libri e giornali, guarderanno film, “socializzeranno” e via dicendo. Tablet ed e-reader insomma saranno tra noi e diventeranno un oggetto con il quale avremo particolare familiarità.
Se per i consumatori sarà dunque l’anno della definitiva consacrazione (tanto più che per la prima volta ci sarà una reale possibilità di scelta tra diversi modelli in base alle specifiche esigenze), per i produttori sarà quello delle scelte strategiche: di sistema operativo, di target di consumatori, di prodotto (tablet e/o e-reader).
Da queste scelte deriveranno i dispositivi che ci troveremo tra le mani nel prossimo futuro e sulle caratteristiche dei quali mi arrischio in alcune previsioni. Chiariamo innanzi tutto che personalmente continuo a ritenere che non assisteremo a nessuna cannibalizzazione bensì ad una lenta ma inesorabile convergenza tra tavolette e lettori per libri elettronici. Se, come abbiamo visto, la connettività ed il touchscreen sono già due caratteristiche acquisite, il prossimo step sarà uno schermo a colori adatto sia alla fruizione di video che alla lettura di e-book (un buon esempio in questa direzione è il Mirasol). Caduto il gap imposto dallo schermo a colori e risolto il problema dell’autonomia delle batterie (Qualcomm sostiene essere i consumi energetici del Mirasol estremamente bassi) la completa fusione tra queste due classi di dispositivi potrà dirsi compiuta; a quel punto starà ai produttori segmentare il mercato producendo device di fascia medio – alta o per contro medio – bassa. Dal momento che una “dotazione minima” sarà sempre garantita il fattore che farà realmente la differenza credo sarà il form factor e non solo per l’impatto diretto che questo ha sui costi finali di produzione, ma anche perché a parità di caratteristiche tecniche sarà il consumatore a decidere se preferisce avere un dispositivo realmente tascabile (tipo Galaxy Note per intenderci) oppure qualcosa di più performante ma nel contempo ingombrante (diciamo un iPad). Insomma, per chiudere con uno slogan, “potere al consumatore”!

PS Come spesso faccio, ho pensato di realizzare la versione (con leggeri adattamenti) su Storify di questo post, fornita di tutti i rimandi (per chi volesse approfondire l’argomento e verificare le fonti) ai vari siti che mi sono stati di spunto e stimolo nella sua redazione

Quale destino per RIM?

Blackberry, Egham UK

Blackberry, Egham UK di louisiana, su Flickr

Questo post, incentrato così com’è su questioni industriali e di merge & acquistion, potrebbe apparire per molti lettori fuori luogo pubblicato in questo blog. A mio avviso ovviamente non lo è e non solo perché nel mio piccolo sono sempre stato affascinato da quel che combinano le grandi aziende padrone del mercato globale e globalizzato, ma soprattutto perché sono profondamente convinto che una completa comprensione delle dinamiche che guidano l’evoluzione di interi settori quali l’editoria digitale (intesa qui in senso più che lato) così come quello che offre servizi di archiviazione / storage online sia impossibile se non si guarda alle mosse compiute più a monte da quelle aziende che hanno la capacità di influenzarne le sorti. (Giusto per fare un esempio, è impensabile contestualizzare l’evoluzione dell’e-book senza guardare a quanto fatto da Amazon negli ultimi 10 – 15 anni o da Google con il suo progetto Google Books e la relativa telenovela giudiziaria con l’Authors Guild statunitense).
Ebbene, entrando in media res, i rumors del giorno parlano di un forte interessamento dell’accoppiata Microsoft – Nokia, da qualche mese convolate a nozze per quanto riguarda il sistema operativo dei prossimi cellulari della casa finlandese (che saranno per l’appunto forniti dall’azienda di Seattle), per RIM (Research in Motion), produttrice dei celeberrimi telefonini intelligenti della famiglia BlackBerry che ultimamente però vedono la propria immagine sempre più appannata presso i consumatori di tutto il mondo. La notizia, così da sola, non dice molto, ma se aggiungiamo che altre indiscrezioni parlano di avances da parte di Amazon (oltre a contatti per accordi di partnership con Samsung ed HTC, con queste ultime che vogliono cautelarsi nell’evenienza in cui Android diventi un sistema operativo chiuso), si vede che a questa sorta di gara per accaparrarsi RIM non manca quasi nessuno (Google manca all’appello solo perché si è già sistemata con l’acquisto di Motorola Mobility in estate)!
La vicenda si fa interessante: chiaramente RIM fa gola a molti in virtù dei numerosi clienti business che potrebbe portare in dote e del prezzo relativamente modesto con il quale si potrebbe fare “la spesa” (i corsi azionari dell’azienda canadese sono ai minimi); sicuramente poi ai potenziali acquirenti si porrebbero problemi industriali: i nuovi prodotti lanciati sul mercato (PlayBook su tutti) non hanno trovato il favore dei consumatori e lo stesso sistema operativo rischia di rimanere schiacciato dal consolidamento in atto e che vede, in assenza di concorrenti, Android ed iOS recitare la parte del leone (avendo HP di fatto cestinato WebOS ed essendo Windows Mobile ancora sulla rampa di lancio).
Se la maggior parte degli osservatori focalizzano l’attenzione su questa sfida, dal mio punto di vista però è ancor più interessante notare come in profondità stiano avvenendo radicali mutamenti in player che, nati come “mediatori / venditori di contenuti” (leggasi Amazon e Google), stanno gradualmente ampliando i propri interessi non solo (ed è in fondo nell’ordine delle cose) all’infrastruttura che veicola tali contenuti (che diviene base per nuovi servizi e talvolta rendendola disponibile a terzi) così come agli strumenti attraverso i quali essi vengono fruiti. Il rimescolamento dei ruoli è così profondo che oramai non suona più strano porsi domande quali: “a quando lo smartphone di Amazon”? “a quando il tablet di Google (per inciso, si parla dell’estate prossima…)”?
Riassumendo è in atto un riposizionamento strategico di questi big player, riposizionamento che vede il settore editoriale ricoprire un ruolo di primo piano, a riprova di come lo tsunami digitale stia per travolgere questo settore trasformandolo radicalmente. Le mosse sopra descritte suggeriscono che in un futuro sempre più vicino qualsiasi fruizione di contenuti digitali sarà accompagnata dalla relativa capacità di archiviazione online, motivo per cui la nostra diverrà sempre più una esistenza digitale. Se le prospettive sono queste superfluo aggiungere che a godere di una sorta di “vantaggio competitivo” sono quelle aziende dotate di una imponente infrastruttura cloud: Amazon, Google, Apple.