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L’ascesa dell’e-reading… ed il declino della biblioteca?

eBook Reader di goXunuReviews

eBook Reader di goXunuReviews, su Flickr

Trovo sempre molto interessanti le ricerche provenienti dagli Stati Uniti e questo perché notoriamente quanto accade al di là dell’Atlantico anticipa di almeno un paio d’anni quanto avverrà in Europa; in questo specifico caso la ricerca pubblicata qualche giorno fa dal Pew Research Center è degna della massima attenzione per i seguenti ulteriori motivi: 1) riserva un occhio di riguardo per il mondo delle biblioteche 2) non si limita alla solita analisi delle differenze indotte dall’avvento dell’e-book in opposizione al libro cartaceo ma amplia lo sguardo all’insieme dei contenuti digitali disponibili in Rete (e-content), quali giornali online, webzine, etc. 3) seppur con uno specifico interesse per i possessori di e-reader e/o tablet, tiene in considerazione tutti i possibili dispositivi di lettura (è, in altri termini, una ricerca nei limiti del possibile neutral device).
Quali sono dunque, in sintesi, i principali risultati di questa ricerca? In primo luogo va osservato che dal 1978 ad oggi è aumentato (per la precisione dall’8 al 19%) il numero di coloro che non legge alcun libro / non risponde; chi legge, lo fa soprattutto per piacere e per informarsi. In questo contesto dal 2010 in poi si è assistito ad un incremento sostanziale di chi afferma di aver letto un e-book; in particolare a giugno 2012 alla domanda sul formato di libro letto nell’ipotetico giorno-tipo antecedente al sondaggio, il 95% rispondeva libro a stampa e 4% e-book mentre oggi tali percentuali sono passate ad 84 e 15% rispettivamente (in altri termini il libro elettronico ha triplicato la sua quota); ancor più netta l’ascesa dell’e-book se ampliamo l’arco temporale: il 21% dei cittadini statunitensi ha letto un libro digitale nel corso dell’ultimo anno.
La crescita dell’e-reading fa da pendant con la diffusione di appositi device di lettura, su tutti e-book reader e tablet: tra i primi domina nettamente l’Amazon Kindle (62%) seguito a lunga distanza dal Nook di Barnes & Noble (22%) mentre quote irrisorie sono detenute da Sony con il 2% (magro bottino per un’azienda che è stata tra le pioniere del settore) e Kobo Reader (1%; anche qui il risultato è deludente, considerando come la piattaforma di Kobo sia tra le più note). Tra le tavolette invece il primato spetta, manco a dirlo, alla Apple con le varie versioni del suo iPad anche se viene confermato il ruolo emergente di Amazon, il cui Kindle Fire si attesta al 14%; i vari Samsung Galaxy (5%), Nook Color (1%) e Motorola Xoom (1%) recitano praticamente il ruolo di comparse.
Interessanti anche le “intenzioni di acquisto”: il 13% di coloro che non possiedono un e-reader ne valutano o ne hanno già pianificato l’acquisto, percentuale che sale al 18% qualora in ballo sia l’acquisto di un tablet. Come si noterà non si tratta di cifre altissime, il che porta a chiedersi quali siano le ragioni che inducono a non effettuare l’acquisto; in questo senso la ricerca di PEW non pone domande specifiche, ma qualcosa lo possiamo intuire dalle motivazioni usate da coloro che non hanno alcun dispositivo: il 24% afferma di non averne il bisogno / di non volerlo e il 19% di non poter permetterselo a causa del prezzo elevato. Degne di nota anche le giustificazioni addotte per spiegare il perché non si possiede un e-reader (“preferisco la carta”, 16%; sarebbe stato interessante sapere se tale presa di posizione abbia origini “ideologiche” o se sia il frutto di una valutazione razionale dei pro e contro del libro a stampa in confronto al libro digitale) o una tavoletta (“ho già sin troppi device, non me ne servono altri”, 3%, argomentazione questa assai più generica e probabilmente derivante da considerazioni di ordine economico), le quali confermano, com’era lecito attendersi, come i possessori di e-reader (e per converso i non possessori) valutino questo strumento in primo luogo dal punto di vista dell’utilità concreta circa la funzione di lettura.
Finora abbiamo parlato specificamente di e-book, ma alla luce dei dati emersi sarebbe più corretto guardare all’intero panorama degli e-content: il 43% dei cittadini statunitensi sopra i 16 anni ha infatti letto una qualche forma di testo digitale di una certa lunghezza, una percentuale assai superiore rispetto a quelle del 14 e 21% citate poc’anzi! La pratica dell’e-reading inoltre appare “benefica” se si considera che, rispetto ai lettori tradizionali, i lettori “digitali” a) leggono di più e per più motivi (piacere, ricerca, istruzione, lavoro, etc.), b) consumano libri in più formati oltre a quello digitale (a stampa ed audiobook) c) così come di più tipologie (quotidiani, riviste, etc.) e, fatto non trascurabile, d) ne comprano pure di più (e sono più propensi a farlo rispetto ai lettori tradizionali).
Tale apporto positivo trova ulteriore conferma nel seguente dato: il massiccio diffondersi dei contenuti digitali non ha danneggiato la lettura, anzi! A fronte di un 60% che dichiara di leggere come prima un cospicuo 30% legge persino di più e dice di farlo sui più disparati device: smartphone, personal computer (42%) ed ovviamente dispositivi ad hoc quali tavolette ed e-reader (41%).
Quelle che rappresentano note positive circa la diffusione dell’e-book purtroppo costituiscono, sia nello specifico di questa ricerca sia inserendole in una prospettiva di medio termine, altrettante note dolenti proprio per la biblioteca: infatti con l’affermarsi del libro digitale rischiano di imporsi alcune pratiche che semplicemente “fanno a pugni” con quelli che sono i compiti tradizionali della public library: i lettori di e-book ad esempio preferiscono acquistare il proprio libro (digitale) rispetto ai lettori “generici” (61% VS 54%) ed assai meno a riceverlo in prestito, e questo a prescindere dalla provenienza (amici, parenti, biblioteca)! Qualora il nostro lettore di e-book possieda anche un qualche dispositivo di lettura, questo atteggiamento si fa ancor più marcato: alla precisa domanda su come avessero ottenuto l’ultimo libro da loro letto, i possessori di tablet hanno affermato di averlo acquistato per il 59 e quelli di e-book reader addirittura nel 64% dei casi; per contro solo nel 10 ed 11% dei casi rispettivamente essi dichiaravano di averlo preso in prestito da una biblioteca.
Le cose non vanno meglio se si guarda a come i lettori di e-book sono “arrivati” a questi libri: nel 64% dei casi il canale principale è stato il passaparola di amici e famigliari, seguito da online bookstore e siti web (28%) e librai (23%). Il bibliotecario e/o il sito web della biblioteca chiudono tristemente ultimi con il 19%.
Nemmeno quando si cerca un preciso libro la biblioteca è in cima alle opzioni: nel 75% dei casi la scelta ricade su un’online bookstore od un sito web e solo nel 12% dei casi si fa affidamento sui servizi della propria public library.
Analoghe le proporzioni pure nel caso di lettori di e-book che sono anche possessori di device di lettura: se famiglia, amici e colleghi restano prima fonte di consigli / suggerimenti con l’81% la biblioteca (o meglio il suo sito) è utilizzata dal 21%. Qualora poi si possieda un dispositivo di lettura e si sia alla ricerca di un titolo specifico la ricerca online è di gran lunga la strategia più seguita (84%) contro un misero 11% appannaggio delle biblioteche.
I numeri, dunque, non sono incoraggianti per l’istituzione “biblioteca”, soprattutto alla luce del fatto che questa mezza débacle avviene negli Stati Uniti, dove il sistema bibliotecario è sicuramente avanzato e il digital lending è un servizio fornito ormai dalla maggior parte delle biblioteche! Che fare dunque? Esiste un modo per invertire quest’inerzia?
Guardando al profilo del lettore digitale (caratterizzato da maggiore propensione all’acquisto e minor ricorso al prestito) ed al contesto generale (la Rete come simbolo della disintermediazione) indubbiamente il timore che, man mano che le generazioni native digitali diventeranno “maggioranza”, la situazione possa addirittura peggiorare è indubbiamente fondato; ciò non significa che le biblioteche non abbiano alcune carte da giocarsi, alcune delle quali desumibili dalla stessa ricerca del PRC.
In primo luogo i soggetti intervistati hanno manifestato alcune perplessità relativamente al costo degli e-book reader (ricordo che l’elevato prezzo è uno dei principali fattori che dissuadono dall’acquisto): per quanto il costo di questi dispositivi sia visibilmente in calo, è un dato di fatto che ad oggi il lettore di e-book tipo è (sempre secondo la ricerca di PRC) bianco e con un reddito ed un’istruzione medio-alta. In tal senso la funzione “democratizzante” e la mission della biblioteca nel fornire libero accesso alla conoscenza a tutti i cittadini escono intatte se non addirittura rafforzate (riprova ex contro sia che a richiedere in prestito e-book sono appartenenti delle minoranze, con reddito ed istruzione medio-bassi).
In secondo luogo, molti lettori affermano che uno dei vantaggi del libro di carta è quello di poterlo prestare ed in generale di poterne disporre con maggior libertà rispetto al corrispettivo digitale, il che è un assurdo in termini essendo come noto in ambiente digitale la distribuzione praticamente a costo zero ed immediata; evidentemente non si tratta di difficoltà legate al formato, ma dipendenti dai vari “lucchetti” (DRM) (im)posti dagli editori! Pertanto la battaglia che le biblioteche stanno conducendo per togliere o perlomeno limitare queste restrizioni potrebbe procurare loro molti nuovi “amici” che magari un giorno decideranno pure di diventarne utenti, ribadendone l’importanza in seno a questa nuova società così incentrata sulle tecnologie digitali.
Quello dei servizi è il terzo aspetto della vicenda: è infatti evidente che esiste un problema di offerta e non mi sto qui riferendo esclusivamente alla disponibilità a catalogo di titoli di questo argomento o in quella lingua (a proposito gli intervistati della ricerca difficilmente non trovano quel che stanno cercando) ma soprattutto alla funzione di search; fintantoché agli utenti verrà spontaneo ricercare un libro a partire dalle pagine web o dalle app degli online bookstore è quasi automatico che le biblioteche ricopriranno un ruolo marginale in ambito e-book! Occorre pertanto che vengano approntati SOPAC (Social Online Public Access Catalogue) e relative applicazioni per dispositivi mobili capace di ricreare quell’ambiente unico della biblioteca, vale a dire un ambiente nel quale si incontrano 1) una comunità di amanti del libro / della lettura, 2) i libri e 3) un bibliotecario la cui presenza potrebbe essere anche “on demand” e che dovrebbe fungere un po’ da guida e un po’ da moderatore.
Concludo ricordando come la ricerca abbia sottolineato più volte come la biblioteca sia punto di riferimento pressocché esclusivo allorché si tratta di audiobook; ovviamente quest’ultima deve ambire a svolgere un ruolo “universale” ma non è nemmeno da sottovalutare la possibilità di specializzarsi in un settore di nicchia qual è appunto quello degli audiobook (ma potrebbe trattarsi di qualsiasi nuovo formato che l’evoluzione tecnologica ci riserverà), tanto più che si tratta di un servizio di norma destinato a persone con problemi di lettura.
In definitiva il destino delle biblioteche non è segnato ma sicuramente solo con un buon mix di intraprendenza, reattività ai cambiamenti e nel contempo fedeltà ai valori fondanti può permettere a questa millenaria istituzione di preservare, nel nuovo contesto digitale, la sua vitalità al servizio della comunità.

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Da Ranganathan ai social network

Anobii: libreria in legno di Luca Mondini, su Flickr

Anobii: libreria in legno di Luca Mondini, su Flickr

Un paio di giorni orsono mi sono imbattuto, a distanza di qualche annetto dall’ultima volta, nelle famose 5 leggi di Ranganathan; mentre le rileggevo la mia attenzione si è soffermata, cosa che non mi era mai capitata in precedenza, su un preciso passaggio della prima legge, ovvero quello in cui si afferma che:

[Le autorità bibliotecarie] dovrebbero distruggere in germe anche la più leggera intromissione dello spirito di burocrazia in ogni questione connessa con l’uso della biblioteca. Dovrebbero sempre tenere in mente che la biblioteca socializza l’uso dei libri.

Subito il mio pensiero è corso al caso italiano, quello del quale ho maggior esperienza, come utente prima e da bibliotecario poi, e le conclusioni cui sono giunto non sono state affatto positive: se è vero che le biblioteche ed i bibliotecari si sono impegnati e tuttora si impegnano nella “socializzazione” del libro (in senso stretto ed in senso lato) attraverso iniziative di vario tenore quali presentazioni di libri, gruppi di lettura, letture ad alta voce, discussioni e dibattiti ispirati da questo o quel libro e via dicendo, è altrettanto vero che la burocratizzazione nelle biblioteche di ogni ordine e grado (ma massimamente in quelle statali) è una brutta bestia che ha pesantemente ingessato l’attività di questi istituti facendo perdere tempo ed energie non solo a chi ci lavora ma anche al lettore. D’altro canto è innegabile che una certa dose di burocratizzazione non è stata semplicemente imposta dall’alto, ma sovente è stata in un certo qual modo favorita dai bibliotecari in linea con una concezione “patrimonialista” del libro stesso che indubbiamente deriva, e questo va a loro parziale discolpa, dalla tipologia dei libri posseduti, spesso antichi e di pregio.
In ogni caso, al netto di queste specificità tutte italiche, la sensazione è che la prima regola di Ranganathan (o perlomeno il preciso passaggio alla base di questo post) sia stata fortemente disattesa nel nostro Paese.
Queste considerazioni, seppur interessanti, però nulla dicono su quelle che sono le prospettive prossimo-future ed in particolare alla luce dell’impatto notevole che dovrebbe avere la diffusione dell’ebook. Riguardo a quest’ultimo affascinante argomento è possibile sin da ora formulare qualche previsione: ad esempio è verosimile ipotizzare che, in linea con l’ambiente (latu sensu) nel quale il libro elettronico si troverà a vivere, ovvero quello dei bit e della Rete, il tasso di burocratizzazione sia giocoforza destinato a calare. Parimenti, in considerazione del successo riscontrato da tutti quei siti di social networking che hanno basato il loro successo su aspetti quali la condivisione e la collaborazione, non si può non pensare che anche la seconda raccomandazione di Ranganathan (= la “socializzazione” del libro) possa felicemente realizzarsi.
Tutto bene dunque? Non esattamente, o almeno, bene ma non proprio così come sperato dall’illustre bibliotecario (e matematico) indiano! Infatti non sfugge anche ai più distratti osservatori come il compito della biblioteca (e dei bibliotecari) di favorire la socializzazione dell’uso dei libri stia gradualmente sfuggendo loro di mano; basta fare un rapido giro nei principali social network destinati al libro / servizi di social reading per rendersi conto di come questi ultimi semplicemente snobbino queste istituzioni che, inutile dirlo, faticano a tenere il passo dell’innovazione. Gran parte di questi siti infatti sono destinati a “lettori per lettori” e le biblioteche, qualora sia prevista la loro presenza, hanno un ruolo puramente accessorio; i bibliotecari poi possono ovviamente parteciparvi ma in genere a titolo personale e non “a nome dell’istituzione” biblioteca. Certo, c’è sempre l’escamotage di inserire i propri dati personali ma di far vedere pubblicamente come “nome utente” quello dell’istituto di appartenenza ma dal punto di vista legale la soluzione mi sembra non esente da rischi e comunque la sostanza non cambia: sui siti di social network / social reading non si gode di alcuna preminenza e l’eventuale “reputazione” presso gli altri utenti deve essere guadagnata sul campo!
La domanda da un milione di dollari è pertanto la seguente: come possono essi recuperare le posizioni perdute, soprattutto in considerazione del fatto che è lo stesso luogo di “socializzazione”, ovvero la biblioteca, a venir meno? Per rispondere a questo quesito bisogna chiarire preliminarmente cosa sarà, in futuro, una biblioteca; a mio parere essa sarà, dal punto di vista dell’utente (= quello che ora ci interessa di più), l’interfaccia grafica con la quale quest’ultimo interagirà (che poi dietro a questa ci sia un duro lavoro di selezione, descrizione, etc. delle risorse non è ora motivo del contendere). Partendo da queste premesse l’obiettivo di “socializzare l’uso del libro” è raggiungibile attraverso due vie complementari: 1) completando l’evoluzione degli attuali OPAC in SOPAC (Social Online Public Access Catalogue), ovvero inserendo quelle funzioni tipiche del web 2.0 (commenti, condivisioni, like, tweet, sottolineature, rielaborazioni originali, etc.) che consentono di trasporre sulla Rete quei dibattiti, riflessioni, etc. che tradizionalmente si svolgono nel luogo fisico “biblioteca” 2) integrando ove possibile questi SOPAC con quei siti di social network / social reading che, inutile dire, attraggono molta più gente di quella che normalmente frequenta le biblioteche “tradizionali”. E’ questo dunque, aspetto tutt’altro che da sottovalutare, anche un ottimo modo per raggiungere fasce di popolazione con le quali in precedenza non si era mai entrati in contatto.
Il conseguimento di questi obiettivi, si badi, non si raggiunge però attraverso la “mera tecnica” ma serve bensì un cambiamento culturale da parte dei bibliotecari; detta in soldoni non è sufficiente realizzare una interfaccia user friendly con tanti bei bottoncini colorati ma occorre che essi “vadano dagli utenti” là dove questi ultimi discutono e “parlano” di libri. Si tratta dunque di un cambiamento di prospettiva radicale, specie se si pensa a quei bibliotecari (non tutti, per carità, ma ce ne sono!) abituati ad aspettare che siano i lettori a varcare la soglia della biblioteca ed a chiedere di uno specifico libro mentre dovrebbero essere loro ad andare attivamente alla ricerca degli utenti stimolandone i bisogni informativi!
Nel web, dove una biblioteca non dista chilometri da un’altra ma al contrario tutto è a portata di click, il permanere di questo atteggiamento attendista equivale semplicemente ad un suicidio ed occorre pertanto avviare una efficace politica “attiva”. Certo, a giudicare da quelle che sono le principali iniziative online dei bibliotecari (che giusto per fare un paio di esempi si riuniscono in liste di discussione di norma precluse ai “non iniziati” e quando dialogano con gli utenti lo fanno spesso in modo unidirezionale) la strada da fare è molta ma bisogna avere la consapevolezza che solo così facendo la raccomandazione / l’auspicio di Ranganathan citato all’inizio potrà veramente essere fatto proprio e trovare concreta attuazione.

In libreria “Archivi e biblioteche tra le nuvole”

"Archivi e biblioteche tra le nuvole" (front cover)

Come preannunciato nel precedente post ho pubblicato un libro su cloud computing e dintorni.
In particolare parlo delle sue applicazioni in ambito archivistico e bibliotecario in sinergia con la diffusione dei nuovi mobile device, il che mi porta ad approfondire temi quali il social reading / networking, il fenomeno dello storage sulla nuvola e tutti i connessi problemi di privacy.