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Kobo, un gradito upgrade del sistema operativo

Kobo Glo picture

La home del mio Kobo Glo, con Pocket in bella vista

In più di un post ho sostenuto la necessità che i produttori di ebook reader adottassero come sistema operativo Android o che, perlomeno, si sforzassero di creare, a livello di user interface, un qualcosa che ci si avvicinasse.
A riguardo devo ammettere che l’ultimo upgrade ricevuto dal mio Kobo Glo va decisamente in questa direzione! Intendiamoci, siamo distanti anni luce da un’interfaccia ad icone tipo iOS od Android, ma il salto di qualità rispetto al passato è netto ed indiscutibile.
Già con un aggiornamento di qualche mese fa si era fatto un enorme passo in avanti a livello di interfaccia, più pulita ed ordinata (in particolare la home è organizzata in riquadri che per certi versi ricordano le mattonelle di Windows 8), oggigiorno si è proseguito lungo questa strada: in particolare la novità che salta immediatamente agli occhi è l’installazione nativa di Pocket, una delle tante applicazioni del tipo “salva adesso, leggi dopo” (come Instapaper, Readability, dotEPUB) presenti sul mercato.
Grazie a Pocket la lettura di testi trovati in Rete diviene un gioco da ragazzi: infatti mentre fino a ieri (personalmente usavo dotEPUB) per leggere un testo convertito sul mio ebook reader dovevo o trasferirlo collegandomi via cavo USB oppure scaricare il relativo file in modo macchinoso da Dropbox (Dio solo sa quanto è scomoda tale operazione) oggi ho due opzioni: 1) navigo con il browser preinstallato sul Kobo Glo, nel quale è adesso presente il tasto “Save to Pocket” in basso a destra, salvo il testo di mio interesse e vi accedo dall’apposita pagina in cui ritrovo tutti i miei bookmark 2) installo Pocket sui miei dispositivi (PC, tablet, laptop, smartphone; a riguardo Pocket supporta tutti i principali sistemi operativi, n.d.r.), quando trovo un testo di mio interesse lo salvo ed una volta che accendo il Kobo si avvia anche la sincronizzazione, cosicché mi ritrovo nell’apposita sezione tutti gli articoli salvati.
Evidentemente la seconda via è quella più agevole continuando ad essere la navigazione con il browser del Kobo assai problematica (a livello di velocità di apertura delle pagine, di difficoltà di interazione con i pulsanti di navigazione, di presentazione errata o mancata dei contenuti).
Ciò non toglie che si tratti ugualmente di una gran bella novità che peraltro potrebbe riaprire alcuni scenari, che sembravano preclusi dall’affermazione di “contenitori” tipo Flipboard, in fatto di utilizzo degli ebook reader per la lettura di periodici, giornali e riviste.
Certo, se il sistema operativo fosse stato Android oppure iOS si sarebbe potuto scegliere anche con quale app farlo, senza essere vincolati a quella “incorporata” dal produttore. Ma forse sono troppo esigente…

Perché Android è (e non potrebbe essere altrimenti) il miglior sistema operativo per gli ereader

La notizia dell’avvio della produzione di Pengpod, tablet basato sul sistema operativo (SO) di nicchia ma completamente open source Linux, ha ricevuto notevole attenzione anche da parte della stampa non specialistica, a dimostrazione di come l’argomento sia particolarmente sentito: in effetti quando parliamo di tavolette (specialmente se stiamo pensando di acquistarne una e dunque ne va di mezzo il nostro portafoglio!) il tipo di sistema operativo è un fattore tenuto in estrema considerazione non soltanto per gli ovvi risvolti “prestazionali” ma anche per motivazioni che potremmo definire “ideologiche”: scegliere per un sistema chiuso e proprietario quale iOS di Apple appare oggigiorno una scelta per certi versi “conformista” e di tendenza mentre a rappresentare l’alternativa “libera e aperta” è per contro Android (che non a caso si basa su kernel Linux); il recente arrivo di Windows Otto, che al momento appare più che altro il disperato tentativo di Microsoft di contare qualcosa nell’universo mobile, può essere accolto favorevolmente esclusivamente per il fatto che tenta di spezzare il duopolio che si è di fatto realizzato ma nulla più (l’azienda di Seattle è rimasta infatti fedele alla sia filosofia di creare un ambiente rigorosamente chiuso e proprietario).
Completamente diversa la musica se parliamo di ereader: in questo caso l’attenzione viene posta su altre caratteristiche tecniche quali il peso, la durata della batteria, la memoria interna e soprattutto (per evidenti motivi) lo schermo. Poco o nulla viene detto del sistema operativo, al punto che nelle specifiche tecniche rilasciate dai produttori dei vari dispositivi talvolta manca qualsiasi informazione a riguardo!
Tale silenzio è a mio avviso anomalo considerando che il tipo di SO montato rappresenta, per chi pretende di fare qualcosina di più con il proprio lettore di libri digitali, un fattore fondamentale e questo per molteplici evidenti motivi: se il sistema operativo è aperto e non proprietario (o comunque il codice è a disposizione della comunità di sviluppatori che possono rielaborarlo con un sufficiente grado di libertà) allora è possibile fare quello che in gergo (preso in prestito dalla telefonia cellulare) si dice “moddare”, ovvero, una volta ottenuti i permessi di root (= di amministratore; questa operazione, si badi, invalida la garanzia del dispositivo!), installare una variante personalizzata del sistema operativo.
Dal momento che Apple non ha prodotto alcun ereader (né mai probabilmente lo farà) tutte le considerazioni fatte di qui in avanti riguarderanno esclusivamente il sistema operativo Android che al contrario è presente su diversi lettori attualmente in circolazione ma non su quello maggiormente diffuso, ovvero il Kindle di Amazon: senza pretese di completezza Android lo troviamo imbarcato sul Nook di Barnes & Noble (come si evince dal video qui sopra), sul Kyobo ereader, sul Sony PRS-T1 e sul Trekstor Liro Color (purtroppo il Kobo Touch / Glo ed il Cybook Odissey HD Frontlight si basano su Linux che, come già ricordato, sta alla base di Android).
Ma quali sarebbero, in concreto, i vantaggi di scegliere un ereader Android e di procedere poi alla sua “elaborazione” installando le varie applicazioni (non è comunque garantito, si badi, che tutte girino correttamente)? Elenco di seguito alcuni punti:
1) gestione delle prestazioni: esistono applicazioni che promettono (in genere riuscendoci) di migliorare le prestazioni del dispositivo di norma agendo sulla frequenza di lavoro del processore. Quest’ultima può essere: a) aumentata (overclocking) con il vantaggio di un dispositivo maggiormente “reattivo” ma con consumi maggiori della batteria ed una maggior usura del processore b) abbassata, aumentando la durata della batteria. Dal momento che la battery life non è un problema degli ereader e che i processori installati sono mediamente più che adeguati (800 – 1000 MHz), personalmente non ritengo sia il caso agire su questo aspetto a meno che, per l’appunto, non si installi una quantità / tipologia di applicazioni tale da rendere necessario un aumento delle prestazioni. Insomma, è un po’ la storia del gatto che si morde la coda: installo applicazioni perché il processore altrimenti è virtualmente inutilizzato, esagero con queste ultime, processore e batterie vanno in affanno, mi trovo costretto a gestire quest’ultimo aspetto. In definitiva l’ideale è riuscire a trovare il giusto equilibrio tra i vari aspetti in campo.
2) accedere agevolmente alla propria biblioteca sulla nuvola: sempre più persone salvano le proprie risorse digitali (ebook inclusi) su servizi quali Dropbox, SkyDrive, Drive, etc. Se vi vogliamo accedere con il nostro ereader (ovviamente il modello deve avere un qualche tipo di connettività!) abbiamo due opzioni: a) accedere al servizio attraverso il web browser installato nel dispositivo, operazione abbastanza farraginosa, oppure b) avere sul desktop del proprio device una bella icona attraverso la quale “volare” direttamente sulla propria nuvola e di qui scaricare i propri libri (con Dropbox, giusto per fare un esempio, si tratta di usare le opzioni Sharelink + Download) sul dispositivo. A mio avviso la seconda opzione è la migliore non solo perché più immediata ma soprattutto perché da un senso allo schermo touch: se quest’ultimo finisce per essere usato per girare le pagine, cliccare una tantum sulle copertine dei libri e scrivere qualche nota allora tanto valeva tenersi i vecchi comandi analogici!
3) una migliore navigazione tra gli ebook store, base imprescindibile per assicurarsi una vera libertà di scelta e di acquisto: anche in questo caso le applicazioni fanno la differenza perché un conto è visitare le librerie online attraverso i tradizionali browser, un conto attraverso le apposite applicazioni (in alternativa la speranza è che lo store abbia predisposto una bella versione mobile per agevolare la navigazione)!
4) una migliore lettura delle pagine web, installando applicazioni come Readability, che adatta le varie pagine di nostro interesse ottimizzandole per essere lette su dispositivi mobili, o ancora meglio dotEPUB, che addirittura le trasforma in file in formato ePub! Perché va bene leggere libri, ma non bisogna dimenticare che le pagine web restano una fonte inestimabile di cose da leggere e sarebbe bello che il nostro ereader fosse in grado di rendere questa esperienza di lettura la più vasta e piacevole possibile!
5) Last but not least rootare il proprio dispositivo Android dà la possibilità di installare quelle “utilità” oramai ritenute standard e che rendono completo il nostro dispositivo: un programma per la posta (potrebbe essere GMail), la calcolatrice, una app per le previsioni meteo, data ed ora e via discorrendo.
Tirando le somme smanettando con il nostro ereader riusciamo a fargli fare cose egregie, addirittura impensabili nella sua configurazione “ufficiale”! E’ questo il motivo per cui sono convinto che Android sia, ora come ora, il miglior sistema operativo possibile; certo, se si “rootta e modda” entro i primi due anni dall’acquisto decade la garanzia, ma credo che il gioco valga la candela.

Microsoft e Barnes & Noble: la strana alleanza

Barnes & Noble eReader Software Coming to iPad

Barnes & Noble eReader Software Coming to iPad di John Federico, su Flickr

La notizia dell’alleanza stipulata tra Microsoft e Barnes & Noble, con la prima azienda che investirà 300 milioni di dollari in una nuova sussidiaria appositamente creata dalla seconda e destinata ad operare nel mercato dell’editoria digitale (con una particolare attenzione, almeno stando al comunicato stampa congiunto, per quella scolastica) mi ha praticamente fatto sobbalzare dalla sedia per le probabili ripercussioni (peraltro non evidenziate dai giornali mainstream, sempre più occupati a fare da mera cassa di risonanza ai vari uffici stampa) che essa avrà nel sistema di alleanze attualmente in essere nel settore dell’editoria digitale.
Questo mercato, come noto, vede attualmente a livello globale la presenza di tre attori (Amazon, Apple e Google) che si spartiscono la maggior parte della torta: che Microsoft non intenda lasciar campo libero ai concorrenti è del tutto comprensibile (peraltro ricordo che il gigante di Redmond ancora nel lontano 2008, prima di Apple, sembrava sul punto di lanciare sul mercato il booklet Courier) così come è quasi automatico che essa abbia individuato in Barnes & Noble, che con il suo Nook sta facendo discrete cose, il partner ideale.
Allo stesso tempo però non sfuggono ad una più attenta analisi delle incongruenze talmente macroscopiche che mi hanno spinto a definire, come da titolo di questo post, questa alleanza “strana”.
La prima incongruenza deriva dal fatto che Microsoft, come risaputo, ha stipulato circa un anno fa un’accordo con Nokia a seguito del quale l’azienda finlandese ha abbandonato il proprio sistema operativo Symbian per sposare Windows Phone 7 e tentare di risalire la china nel decisivo settore degli smartphone; l’operazione non sta andando secondo le aspettative al punto che Nokia ha perso il primato di primo produttore mondiale di telefonia in favore di Samsung ed ha visto un deciso peggioramento dei suoi conti al punto che i rumour su un takeover da parte di Microsoft nei confronti di Nokia (o quanto meno di un consistente scambio azionario) si sono fatti insistenti. Personalmente trovo questa ipotesi più che plausibile dal momento che la società fondata da Bill Gates si ritrova in cassa parecchi quattrini e soprattutto l’attuale CEO, Steve Ballmer, non ha paura di spenderli (i tentativi di acquisizione di Yahoo! lo testimoniano ampiamente).
In questo senso l’investimento nella NewCo di B&N è a tutti gli effetti di poco conto (giusto per fare un paragone, i 300 milioni di dollari in ballo sono bruscolini in confronto ai 44,6 miliardi rifiutati nel 2008 da Jerry Yang) e rischia da un lato di non essere incisivo quanto basta e dall’altro di portare ad una duplicazione che ingenera solo confusione e sprechi. Un primo punto critico è quello del tablet: al Mobile World Congress Stephen Elop, CEO di Nokia, ha fatto intuire che la sua azienda prima o dopo produrrà una tavoletta che evidentemente avrà Windows Phone (o quello che sarà il suo successore) come sistema operativo. Mi chiedo a quale logica risponda ora l’accasarsi con Barnes & Noble, i cui device della famiglia Nook montano tutti SO Android.
E’ ipotizzabile che B&N stia preparando il terreno per l’abbandono di Android (tanto più ora che Google, passo dopo passo, si sta trasformando in un competitor su tutti i fronti)? Certamente sì, tutto è possibile, ma c’è da domandarsi come la prenderanno gli utenti di Barnes & Noble! Android oramai costituisce il più diffuso sistema operativo al mondo ed il suo ecosistema non ha più nulla da invidiare a quello di Apple; al contrario quello di Microsoft oltre a contare percentualmente davvero poco non esercita neppure alcun particolare appeal, motivo per cui le stime di molti analisti, che accreditano a Windows Phone da qui a pochi anni quote rilevanti del mercato, mi sembrano palesemente ottimistiche.
L’ultimo aspetto dell’accordo che non mi ispira fiducia è quel riferimento specifico all’editoria scolastica: perché focalizzarsi solo su quest’ultima? Mancano forse i mezzi per puntare sull’editoria tout court? Viste le aziende in campo non era lecito attendersi l’annuncio di un accordo di carattere generale e, in prospettiva, su scala globale?
In altri termini considerando come, ciascuna per motivi diversi, Microsoft, Barnes & Noble e Nokia svolgono un ruolo da comprimarie nei rispettivi mercati, credo sarebbe stato meglio cercare di rovesciare il tavolo giocandosi il tutto per tutto, vale a dire annunciando un’alleanza globale a tre nella quale Microsoft metteva il software, Nokia l’hardware e Barnes & Noble i contenuti. Solo così facendo queste tre aziende possono tentare di invertire quell’inerzia che altrimenti, a mio avviso, rischia di vederle nel medio – lungo periodo soccombenti. Fermo restando che non necessariamente l’unione fa la forza: spesso i numeri due restano i numeri due anche quando si uniscono.

La “nuova” app di aNobii

La nuova applicazione di aNobii

In un mondo cui la dimensione mobile acquista importanza ogni giorno che passa, il rilascio da parte di aNobii della nuova versione dell’applicazione per Apple ed Android rappresenta sicuramente un momento privilegiato per valutare sia lo stato di salute sia la “direzione strategica” che questo diffuso sito di social reading intende prendere.
Premesso che in qualità di felice possessore di Acer Metal Liquid lavoro in ambiente Android, vediamo un po’ alcune caratteristiche della nuova applicazione. Di quest’ultima salta immediatamente agli occhi il gradevole restyling grafico (logo incluso) e la posizione di assoluta centralità mantenuta dalla funzione Scan barcode; per il resto, paradossalmente, non mi sembra siano state aggiunte nuove funzionalità / schermate e se è stato fatto non ho idea di dove siano state annidate! E’ nettamente migliorata, quello sì, la velocità di caricamento dei libri nel proprio scaffale così come quella di visualizzazione dei commenti (escludo si tratti di un semplice fattore di connessione perché nel momento in cui si accetta il download degli aggiornamenti si specifica che tra le caratteristiche della nuova versione c’è proprio la velocità e la rimozione di alcuni bug che, confermo, affliggevano spesso e volentieri la precedente) ma in fin dei conti si tratta di poca roba perché, scusate, è o non è ormai il minimo sindacabile che un’applicazione sia veloce e non si impalli?! Ed era troppo “pretendere” una qualche novità?
Faccio un banale esempio: se mi trovo all’interno di una libreria non trovo molto utile passare il barcode con lo scan per scoprire, attraverso i commenti degli altri utenti, se il libro che ho adocchiato può essere di mio gradimento! Sarà la mia formazione da bibliotecario ma un libro lo valuto attraverso altri parametri quali autore, piano dell’opera, indice, etc. Piuttosto, non me ne vogliano gli amici librai, personalmente considero molto più interessante sapere quanto costa lo stesso libro nei bookshop online! Purtroppo l’applicazione di aNobii non opera come “compara prezzi”, diversamente invece da quanto si riesce a fare con l’app Barcode scan integrata in Android! Con quest’ultima una volta scansionato il libro compaiono più opzioni: a) “Cerca prodotto” ti rimanda alla sezione “Shopping” del motore di ricerca nella quale sono presentate le offerte dei principali retailer b) “Cerca libro” ti rimanda a Google Books ma con la premura, sulla colonna di sinistra, di presentare le offerte di alcuni retailer (verosimilmente quelli che sono anche inserzionisti di Google) c) “Cerca contenuti” ti indirizza ad eventuali contenuti disponibili in Rete mentre d) Google Shopper, non ancora supportato in Italia, in futuro presenterà in maniera combinata molteplici informazioni (recensioni, negozi nelle vicinanze – con relativa mappa – e via discorrendo) utili alla finalizzazione dell’acquisto.
Con questo esempio, si badi, volevo solo mettere in luce come basterebbe poco per colmare alcune carenze oggettive del servizio (anche perché, non nascondiamoci, il prezzo è un fattore importante nella scelta di un libro almeno quanto i consigli / commenti degli amici) e lungi da me l’augurare la “commercializzazione” di aNobii, sul cui futuro è lecito però porsi qualche domanda!
In particolare mi chiedo quale sarà la sua utilità nel momento in cui l’e-book diventerà predominante e con esso scompariranno i codici a barre e la funzione di commento / condivisione sarà, verosimilmente, integrata nella piattaforma di lettura. Inutile aggiungere che si renderà necessaria una radicale virata (con contestuale riprogettazione della piattaforma) nelle finalità del servizio, altrimenti il futuro sarà scuro! Sarò troppo drastico, ma forse sarebbe stato meglio iniziare, con piccoli passi, ad andare nella nuova direzione e forse la nuova app poteva rappresentare l’occasione giusta.

La nuova app Android per Dropbox, alcuni commenti

Dropbox en Android

Dropbox en Android di Dekuwa, su Flickr

Chiudo quest’anno con un post più “leggero” del solito ma di alto livello simbolico; parlerò infatti della nuova applicazione (la 2.0) rilasciata da Dropbox per dispositivi Android, che a mio vedere riassume in un certo senso gran parte dei discorsi fatti nel corso del 2011 sul fenomeno del cloud computing, sul numero crescente di individui ed organizzazioni che “archiviano” i propri file sulla nuvola, sul ruolo sempre maggiore svolto nelle nostre vite digitali / “sociali” dalla diffusione dei dispositivi mobili, etc.
In effetti usando la nuova release alcune feature, completamente nuove o la miglioria di già esistenti, balzano immediatamente agli occhi: 1) l’aspetto di condivisione risulta ulteriormente accresciuto (mail, social network, etc.): se Dropbox è nato per essere un “punto di accumulo neutro” di documenti e risorse che per loro natura possono essere usati su molteplici dispositivi (=> per evitare di dover tenere tali “documenti” su tutti quanti i possibili dispositivi, con evidente spreco di tempo, energie… e memoria!), il fatto che ora tali risorse possano venir fatte circolare e “proliferare” potrebbe apparire un controsenso. In realtà oggigiorno la condivisione di alcune risorse è considerata favorevolmente da molti guru essendo questa una via importante per sprigionare creatività altrimenti inespressa. Ovviamente per dati “delicati” l’esigenza principale è quella della riservatezza ed in tal caso tutto torna come prima. 2) Non c’è praticamente più alcuna distinzione tra dispositivi, nel senso che il PC non ha dal punto di vista logico dell’architettura del sistema alcuna centralità (ovviamente poi solo il PC avrà la potenza di calcolo e le capacità di elaborazione per effettuare sui documenti “archiviati” determinate operazioni ma questa, per l’appunto, è una limitazione di ordine tecnico / tecnologico…) 3) Tale perdita di centralità, alla quale fa da contraltare l’ascesa dei vari device collegati a Dropbox, è testimoniata dalla possibilità di modificare i titoli delle cartelle e dei file uploadati così come da una capacità basica di editing (brevi testi in formato .txt) 4) Oltre ovviamente a caricare su Dropbox è possibile ora anche scaricare i propri file sul dispositivo in uso (per la precisione sulla sua scheda SD).
Riassumendo questa nuova versione risulta decisamente più flessibile e versatile della precedente e pertanto credo risulterà gradita ai numerosissimi utilizzatori di Drobox, il cui successo è testimoniato anche finanziariamente dalla facilità con la quale il fondo Sequoia Capital ha raccolto fondi presso gli investitori istituzionali per garantirne l’ulteriore crescita. Pur avendo già rilevato come quelli sulla nuvola non possano essere considerati archivi nel senso pieno del termine è inutile dire che in futuro le strategie di “conservazione” dei propri documenti digitali da parte di individui ovviamente ma anche di organizzazioni passeranno sempre più per la nuvola. Vi è semmai da sperare che gli ingenti capitali raccolti vengano anche utilizzati per realizzare future versioni di Dropbox maggiormente in grado di aderire a quelli che sono gli standard archivistici.