Lettura sotto l’ombrellone

Ho sempre ritenuto, facendo dello sociologia spiccia lo ammetto, che l’Italia che si ritrova sotto l’ombrellone in agosto fornisca meglio di qualsiasi altra indagine demoscopica una fedele immagine di sé stessa.

Ciò non vale solo per gusti, mode, tormentoni musicali e via dicendo ma anche per le letture (questo o quel scrittore per intenderci) e per le abitudini di lettura stesse degli italiani.

Posto dunque che le osservazioni che seguono non sono scientificamente basate, quali sono i principali aspetti che balzano agli occhi “sbirciando” gli italiani sotto l’ombrellone?

La prima cosa che emerge è, contrariamente a quelle che sono le statistiche ufficiali, che gli italiani leggono eccome! Probabilmente lo faremo meno rispetto agli altri europei (mi ci metto in mezzo pure io), però è chiaro che nel Bel Paese – appena si ha un po’ di tempo libero a disposizione – la lettura è una pratica assai diffusa, aspetto che dovrebbe far riflettere su come ad incidere sulla scarsa propensione nostrana a tale pratica (sempre stando alle statistiche ufficiali) possano essere, piuttosto che fattori socio-culturali, fattori “ambientali” quali, per l’appunto, il poco tempo a disposizione il quale a sua volta potrebbe essere conseguenza di un rapporto sfavorevole, a livello di “sistema”, tra tempo libero e tempo del lavoro, il quale a sua volta potrebbe derivare a livello strutturale da una organizzazione troppo rigida degli orari di lavoro, di una cattiva logistica che ci impone di passare troppe ore nel traffico e via di questo passo.

Il secondo aspetto che risalta prepotentemente è l’assoluta preminenza – e vitalità vien da soggiungere – della carta rispetto al digitale: libri, giornali e riviste (cartacei, ca va sans dire) la fanno da padroni con percentuali bulgare rispetto ad e-reader e tablet, constatazione che non stupisce più di tanto nel caso dell’e-reader – da sempre un dispositivo di nicchia per lettori forti, probabilmente gli unici che hanno apprezzato le migliorie in fatto di impermeabilità che caratterizzano le ultime generazioni commercializzate – ma piuttosto in quello del tablet, il cui momento di fama (leggasi: iPad come oggetto “cool” da esibire ovunque) è probabilmente passato.

Diverso ovviamente è il discorso – e con questo arriviamo al terzo punto – se si decide di includere lo smartphone nel novero dei dispositivi di lettura: in tal caso ecco che i rapporti di forza si capovolgono e l’impatto del digitale sulle nostre abitudini (di lettura e non solo) appare davvero dirompente. Possiamo infatti non considerare “lettura” la sbirciatina che diamo, tra un selfie ed un messaggio su Whatsapp, alle news che Google o Facebook continuamente ci propongono? O quella di documenti, relazioni e via dicendo che ci arrivano in allegato via e-mail da parte di colleghi e collaboratori (il lato perverso dell’essere sempre connessi, per cui è impossibile staccare completamente dal lavoro…)? Parrebbe dunque trovare conferma sul campo la tesi di fondo contenuta nel libro “Le reti della lettura” (Editrice Bibliografica, 2017), ed in particolare nel contributo di Gino Roncaglia, secondo la quale – semplificando – non è che non si legge o si legge meno, semplicemente lo si fa in modo diverso rispetto al passato. La lettura, in buona sostanza, è sempre più mordi e fuggi, avviene in momenti “interstiziali” (in tram, in attesa alle poste o dal dottore) e, per converso, è tendenzialmente meno intensiva. Ne derivano, ma è un’ipotesi che andrebbe adeguatamente verificata, ripercussioni a cascata sul cosa si legge: è infatti probabile che il lettore X, consapevole di non avere molto tempo, inizierà una lettura che può essere esaurita nei pochi minuti disponibili (la notizia al volo di cui sopra oppure romanzi digitali a puntate appositamente concepiti).

Ecco dunque, per concludere, che potremmo assistere ad una “specializzazione” in base a supporto di lettura / oggetto della lettura / tipologia di lettore:
1) libro cartaceo tradizionale per letture che richiedono “impegno” (in termini di concentrazione e di tempo) da parte di lettori “medi” che, in momenti della giornata / periodi particolari dell’anno (= le vacanze agostane da cui ha preso il via questo post), possono dedicarsi intensivamente alla lettura;
2) e-reader per una minoranza di lettori forti autentici “divoratori” di libri di vario genere (narrativa ovviamente, ma anche saggistica, etc.);
3) smartphone come supporto “universale” cui fanno ricorso un po’ tutti (ma in primis i lettori deboli), per letture generalmente veloci e non impegnative.

Una schematizzazione che, va da sé, necessita per essere validata (o confutata) di uno studio più sistematico e che proprio nella mole di data generati può trovare un forte ausilio.

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