Questo post, incentrato così com’è su questioni industriali e di merge & acquistion, potrebbe apparire per molti lettori fuori luogo pubblicato in questo blog. A mio avviso ovviamente non lo è e non solo perché nel mio piccolo sono sempre stato affascinato da quel che combinano le grandi aziende padrone del mercato globale e globalizzato, ma soprattutto perché sono profondamente convinto che una completa comprensione delle dinamiche che guidano l’evoluzione di interi settori quali l’editoria digitale (intesa qui in senso più che lato) così come quello che offre servizi di archiviazione / storage online sia impossibile se non si guarda alle mosse compiute più a monte da quelle aziende che hanno la capacità di influenzarne le sorti. (Giusto per fare un esempio, è impensabile contestualizzare l’evoluzione dell’e-book senza guardare a quanto fatto da Amazon negli ultimi 10 – 15 anni o da Google con il suo progetto Google Books e la relativa telenovela giudiziaria con l’Authors Guild statunitense).
Ebbene, entrando in media res, i rumors del giorno parlano di un forte interessamento dell’accoppiata Microsoft – Nokia, da qualche mese convolate a nozze per quanto riguarda il sistema operativo dei prossimi cellulari della casa finlandese (che saranno per l’appunto forniti dall’azienda di Seattle), per RIM (Research in Motion), produttrice dei celeberrimi telefonini intelligenti della famiglia BlackBerry che ultimamente però vedono la propria immagine sempre più appannata presso i consumatori di tutto il mondo. La notizia, così da sola, non dice molto, ma se aggiungiamo che altre indiscrezioni parlano di avances da parte di Amazon (oltre a contatti per accordi di partnership con Samsung ed HTC, con queste ultime che vogliono cautelarsi nell’evenienza in cui Android diventi un sistema operativo chiuso), si vede che a questa sorta di gara per accaparrarsi RIM non manca quasi nessuno (Google manca all’appello solo perché si è già sistemata con l’acquisto di Motorola Mobility in estate)!
La vicenda si fa interessante: chiaramente RIM fa gola a molti in virtù dei numerosi clienti business che potrebbe portare in dote e del prezzo relativamente modesto con il quale si potrebbe fare “la spesa” (i corsi azionari dell’azienda canadese sono ai minimi); sicuramente poi ai potenziali acquirenti si porrebbero problemi industriali: i nuovi prodotti lanciati sul mercato (PlayBook su tutti) non hanno trovato il favore dei consumatori e lo stesso sistema operativo rischia di rimanere schiacciato dal consolidamento in atto e che vede, in assenza di concorrenti, Android ed iOS recitare la parte del leone (avendo HP di fatto cestinato WebOS ed essendo Windows Mobile ancora sulla rampa di lancio).
Se la maggior parte degli osservatori focalizzano l’attenzione su questa sfida, dal mio punto di vista però è ancor più interessante notare come in profondità stiano avvenendo radicali mutamenti in player che, nati come “mediatori / venditori di contenuti” (leggasi Amazon e Google), stanno gradualmente ampliando i propri interessi non solo (ed è in fondo nell’ordine delle cose) all’infrastruttura che veicola tali contenuti (che diviene base per nuovi servizi e talvolta rendendola disponibile a terzi) così come agli strumenti attraverso i quali essi vengono fruiti. Il rimescolamento dei ruoli è così profondo che oramai non suona più strano porsi domande quali: “a quando lo smartphone di Amazon”? “a quando il tablet di Google (per inciso, si parla dell’estate prossima…)”?
Riassumendo è in atto un riposizionamento strategico di questi big player, riposizionamento che vede il settore editoriale ricoprire un ruolo di primo piano, a riprova di come lo tsunami digitale stia per travolgere questo settore trasformandolo radicalmente. Le mosse sopra descritte suggeriscono che in un futuro sempre più vicino qualsiasi fruizione di contenuti digitali sarà accompagnata dalla relativa capacità di archiviazione online, motivo per cui la nostra diverrà sempre più una esistenza digitale. Se le prospettive sono queste superfluo aggiungere che a godere di una sorta di “vantaggio competitivo” sono quelle aziende dotate di una imponente infrastruttura cloud: Amazon, Google, Apple.
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21 Dic
Quale destino per RIM?
8 Set
Verso la balcanizzazione della cloud?
Nella visione dei suoi assertori più entusiasti al trionfo del cloud computing dovrebbe corrispondere la semplificazione della vita di noi tutti: il giovane in partenza per le vacanze studio a Londra non dovrebbe portarsi via decine di memorie flash per non rischiare di trovarsi senza la canzone che ben si adatta al mood del momento e questo perché l’intera sua discografia è nella nuvola; il manager in trasferta a New York per chiudere un contratto non si troverebbe nella necessità di portar con sé mezzo ufficio perché i documenti di quell’importante affare risiedono anch’essi nella nuvola; il malato costretto a spostarsi non dovrebbe temere per la propria salute in quanto le prescrizioni mediche, insieme all’intera sua cartella clinica, sono sempre nella nuvola pronte ad essere rapidamente consultate da qualsiasi medico; il nerd che, a forza di scaricare dalla Rete, ha sempre l’hard-disk al limite della capacità nonostante i molteplici dischi rigidi “ausiliari” posseduti, vede risolti i suoi problemi di spazio uploadando tutto sulla nuvola. Se si aggiunge che nella visione di molti addetti ai lavori tutti questi dati e documenti, relativi a vari aspetti della vita di ciascuno di noi, dovrebbero essere accessibili e comunicanti tra di loro e fruibili in maniera semplice e veloce a partire dal dispositivo prescelto (probabilmente, pur sopravvivendo desktop PC, smartphone, laptop, etc. si attuerà una convergenza verso il tablet), si comprende come il cloud potrebbe davvero risolvere molti problemi e renderci la vita più agevole!
In realtà più di un indizio indica che anche la nuvola, come gli steccati di Internet (del quale parla Jonathan Zittrain) o gli e-book reader (dei quali me ne sono personalmente occupato in un precedente post), sia a rischio “balcanizzazione”: si starebbero in altri termini creando più nuvole non comunicanti tra di loro, il che ha come esito finale una perdita di molti di quei vantaggi che il cloud effettivamente potrebbe portare con sé!
I motivi sarebbero diversi: da una parte le aziende che tendono a trattenere i propri utenti all’interno della propria nuvola… di business (ma con una significativa spaccatura tra le varie Amazon, Apple, Google e Microsoft opposte ad altri colossi – tra i quali Adobe, AT&T, Cisco, Hewlett Packard, IBM, Juniper Network – riuniti dal 2009 attorno al cosiddetto Open Cloud Manifesto), dall’altra le stesse diverse “anime” delle Pubbliche Amministrazioni, restie vuoi per motivi di sicurezza vuoi per “gelosie” retaggio delle tradizionali divisioni dipartimentali, etc. a condividere i dati e le informazioni caricati nelle proprie “nuvole” con i propri colleghi (alla faccia della leale collaborazione)!
Andrebbe imponendosi, in buona sostanza, il modello della private cloud su quello della public cloud anche quando ciò non appare strettamente necessario. Se la cosa è comprensibile per aziende private (in definitiva libere di fare quel che vogliono) lo è un po’ meno per le Pubbliche Amministrazioni in quanto, come fa notare Andrea Di Maio (che peraltro non contempla soluzioni intermedie come hybrid cloud e community cloud), in tal modo “non si risparmia quanto si potrebbe” in questi tempi di crisi, senza considerare le perdite in termini di “mancata condivisione” e conseguente ottimale sfruttamento dei dati e delle informazioni.
Non ci resta che stare a vedere se la futura evoluzione seguirà queste premesse o se ci sarà un cambiamento di rotta.
Per la versione storyfizzata di questo post cliccate qui.
30 Ago
Le implicazioni (anche archivistiche) del trionfo del tablet
Nel giorno in cui in Italia l’asta per le frequenze 4G parte in tono minore, un post apparso sul blog dell’analista di Forrester Sarah Rotman Epps fa discutere blogger e commentatori di mezzo mondo. In esso l’autrice, in breve, sostiene che il tablet di Amazon non solo ci sarà (inizi ottobre la data di lancio stimata) ma sarà anche venduto nella bellezza di 3-5 milioni di pezzi nel solo ultimo trimestre del 2011! Insomma, Rotman Epps si è sbilanciata e non di poco, ma a rinforzare le sue previsioni sono le seguenti considerazioni:
1) diversamente da Apple, la maggior parte dei profitti di Amazon non provengono ancora dall’hardware e pertanto su questo terreno l’azienda di Seattle può dar battaglia (il prezzo, contenuto entro i 300 dollari, dovrebbe a tal riguardo essere un ottimo incentivo all’acquisto)
2) Amazon potrà sfruttare le potenzialità di crescita di Android Honeycomb, sistema operativo sul quale si baserà la nuova tavoletta
3) Amazon ha dalla sua anni di esperienza nella vendita di contenuti e soprattutto un’infrastruttura cloud da far invidia, tale da renderla l’unica azienda capace di lanciare con successo la sfida ad Apple, dopo che molti ci hanno tentato invano (RIM, Samsung, HP – che forse però sta ripensando sulla scelta di mollare tutta la divisione PSG).
Personalmente le considerazioni di primo acchito che ho fatto leggendo questo interessante post sono state:
1) qui stiamo parlando di aria fritta, non avendo Amazon finora MAI, nemmeno implicitamente, ammesso di essere al lavoro su un tablet; d’accordo, mi si potrà obiettare che Apple ci ha costruito le sue campagne mediatiche sull’attesa, ma qui non è uscito nulla di nulla, nemmeno la minima indiscrezione tecnica o una foto rubata, come di solito avviene!
2) ammesso e concesso che la tavoletta made in Seattle si faccia (mai dire mai, intendiamoci), lo sbarco su Android sarebbe una benedizione; troppo chiuso, come scritto in precedenti post, il software del Kindle (anche se la recente presentazione di Kindle Cloud Reader, basato su un mix di HTML5 e cloud, forse testimonia un’inversione di rotta)!
3) in ogni caso stiamo facendo i conti senza l’oste, in quanto ci si dimentica completamente di Google; l’azienda di Mountain View ha al pari di Amazon una struttura cloud formidabile e la suite Google Docs, giusto per fare un esempio, trova la sua ragion d’essere se usata in mobilità; dunque, pur riconoscendo i passi falsi compiuti con il Nexus One e probabilmente anche con il Chromebook (non ci sono ancora dati ufficiali ma la sensazione, leggendo nella Rete, è che dopo un’accoglienza discreta, l’interesse sia rapidamente scemato), non si può non pensare che la recente acquisizione di Motorola non porterà alla realizzazione di un tablet.
Questi, dunque, i miei primi pensieri finché leggevo il post di Rotman Epps; dopo una fisiologica metabolizzazione sono però giunto a quello che è il vero nocciolo del problema: se ancora ad inizio anno discettavo su “Tablet VS eReader” oggi un simile discorso sarebbe chiuso in partenza: tablet tutta la vita, e non solo perché HP sta svendendo i suoi TouchPad ad un prezzo inferiore a molti e-reader!
Il punto è che il tablet svolge, nel bene e nel male, una centralità nelle scelte strategiche dei colossi dell’informatica che gli e-reader semplicemente non hanno mai avuto né mai avranno. Tale centralità discende dalla preferenza che verrà loro accordata, in virtù della loro versatilità e “mobilità”, dal singolo utilizzatore, vuoi in quanto privato cittadino vuoi in quanto appartenente ad un’organizzazione più complessa.
Né è difficile scorgere, sullo sfondo del trionfo prossimo venturo del tablet, trionfo che beninteso sarà relativo in quanto altri dispositivi saranno sempre presenti e che andrà a braccetto con quello del cloud computing, le importanti implicazioni archivistiche.
Il tablet infatti, proprio per così come è concepito, farà apparire conveniente ai suoi utilizzatori (si tratti dello studente, del businessman oppure ancora del dirigente della Pubblica Amministrazione) scrivere, leggere, creare, commentare, archiviare, etc. sulla nuvola. La tavoletta, con la sua linea minimale ed accattivante, sarà in buona sostanza un formidabile “cavallo di Troia” per la realizzazione di quello scenario in cui le nostre esistenze saranno “digitali” e noi stessi always on.
PS La versione su Storify di questo post è al seguente indirizzo: http://storify.com/memoriadigitale/le-implicazioni-anche-archivistiche-del-trionfo-de.
22 Ago
To tablet or not to tablet?
Questo post risente chiaramente del clima pienamente Ferragostano nel quale esso viene scritto non solo per il caldo torrido che caratterizza questo scampolo di estate ma anche perché l’input principale alla sua concezione deriva direttamente da un oggetto nel quale mi sono imbattuto nel corso delle mie (relativamente) meritate ferie.
Si dà infatti il caso che presso il Museo di Archeologia Subacquea di Bodrum (l’antica Alicarnasso) sia conservata una tavoletta scrittoria, una sorta di tablet ante litteram, che effettivamente affascina per la somiglianza esteriore con alcuni dei tablet che, pedissequamente ricalcati sulla forma del libro, venivano proposti fino a qualche anno fa (mi riferisco in particolare al poi abortito Microsoft Courier), cioè almeno sino a quando Apple ha imposto con l’iPad la standard de facto delle tavolette a “piatto unico”.
Il “tablet” conservato presso il museo di Bodrum è simile in tutto e per tutto a quelli descritti in molti manuali: le due tavolette lignee scavate, legate assieme attraverso una sorta di “cerniera” ossea (spesso avorio finemente intarsiato), venivano riempite di cera sulla quale, una volta che quest’ultima si era raffreddata, si potevano scrivere brevi testi. Insomma si trattava, al pari delle tavolette odierne, di strumenti flessibili, portatili e di uso quotidiano (in particolare sembra venissero usate a fini didattici).
Torno dunque dalle ferie pensando a come, pur con le ovvie differenze, si possa ravvisare una continuità, oserei dire una path dependence millenaria, tra le tavolette d’allora e quelle d’oggigiorno, sennonché apprendo che il colosso HP, a poco più di un anno dall’acquisizione della gloriosa ma decaduta Palm, che – giusto per restare in ambito greco-antico – avrebbe dovuto fungere da cavallo di Troia per entrare nel mondo degli smartphone e delle tavolette, sta valutando la cessione o scissione (spin-off) della divisione PC per focalizzarsi sulla fornitura dei servizi. Contestualmente l’azienda di Palo Alto inizia a svendere letteralmente sottocosto (99,99 $) il proprio TouchPad lanciato ad inizio luglio ad un prezzo di circa 300 dollari maggiore. Si tratta di un drastica inversione di rotta che i vari analisti hanno spiegato con un insieme di motivazioni tra le quali: 1) l’utile per azione non è in linea con le attese degli azionisti, per cui si è reso necessario effettuare tagli 2) in definitiva HP fa quello fatto anni orsono da IBM, allorquando aveva ceduto la propria divisione computer a Lenovo per puntare tutto sui servizi, che in futuro sempre più verranno erogati in modalità cloud computing 3) HP ha realisticamente ammesso lo strapotere di Apple rinunciando alla battaglia (e di investire ancora soldi invano).
A mio modestissimo parere si tratta di una decisione prematura in quanto, come in parte già scritto nel mio “Archivi e biblioteche tra le nuvole” (perdonate l’autocitazione) nel momento in cui descrivevo la strategia di HP nel cloud, se è vero che i servizi sulla nuvola saranno il futuro (inclusi quelli di natura “documentaria e libraria”), con questa scelta ci si priva irreversibilmente di una gamba che in linea di principio avrebbe potuto facilitare la penetrazione di quei servizi che l’azienda californiana intende fornire (si pensi a riguardo al ruolo di supporto reciproco svolto per Amazon dal Kindle nella diffusione degli e-book e dagli e-book nella diffusione dell’e-reader dell’azienda di Seattle); tanto più che Palm nonostante tutto poteva ancora godere rispetto ai competitor dell’appeal di un marchio che ha fatto la storia della tecnologia. Dopo quello della Mela, of course.
La versione storyfizzata di questo post è al seguente indirizzo: http://storify.com/memoriadigitale/to-tablet-or-not-top-tablet.
20 Nov
Tablet VS eBook reader
Il dilemma è stato affrontato da molti ed ora dico in breve anche la mia, basata sulla (discreta) esperienza d’uso che personalmente ho fatto.
Sicuramente un e-book “puro” (ad esempio Cybook Gen3, Kindle) consente una lettura migliore e più “confortevole”, cioè senza affaticare eccessivamente la vista, rispetto ai principali tablet (come l’iPad ed il Samsung GalaxyTab) ma mi sembra che con i primi si perdano un po’ le potenzialità “multimediali” a meno che non si punti su prodotti di fascia alta con annessa connettività wi-fi.
A tal punto però il fattore prezzo diventa discriminante: i tablet sono di base più costosi ma anche indubbiamente più versatili e sfruttando il cloud computing consentono/consentiranno anche una produttività personale impossibile con gli e-book reader (la cui “mission” è appunto favorire l’esperienza di lettura con tutto ciò che vi è connesso, come ad esempio prendere appunti, sottolineare, etc.).
In definitiva dipende da quanto uno può permettersi di spendere e dall’uso che intende fare del device acquistato. Di sicuro l’attuale (ristretta) offerta di titoli, perlomeno in italiano, potrebbe far scoraggiare dall’acquisto di un e-book puro in favore di un tablet del quale, per i più disparati motivi, si può fare un uso più intensivo (ed ovviamente tra questi a vincere per il momento è senza dubbio l’iPad, più che per intinseche qualità tecnologiche per l’invidiabile ecosistema di applicazioni e le numerose versioni di prodotti editoriali – si pensi ai quotidiani – appositamente studiate per la tavoletta della Mela).
In definitiva si tratta di fare da un lato una valutazione costi/benefici (inserendo tra i primi pure quelli del contratto dati con la compagnia telefonica di turno) e dall’altra una sorta di “analisi introspettiva”, cercando di capire che tipo di lettori si è: ci piace discutere di quel che leggiamo o preferiamo elaborarlo interiormente? se la risposta è la prima, occorre porsi la seguente: siamo abituati a condividerlo (leggasi: appoggiandoci ad un social network)? In tal caso un dispositivo con connessione Wi-Fi o 3G è imprescindibile, e quindi bisogna mettere in conto un prezzo di partenza superiore. Da porsi anche le seguenti domande: quanti libri leggiamo? Uno a settimana od uno a trimestre? Perché se siamo avidi consumatori allora gli e-book costano mediamente meno di un libro stampato e quindi c’è anche da considerare i tempi di ammortamento dell’acquisto! C’è pure da chiedersi che tipo di libri leggiamo, per capire se sono già presenti a catalogo titoli di nostro interesse. E via così…
Insomma le variabili sono infinite.
Un’ultimo spunto per facilitare la propria scelta: ormai la tecnologia touch/multi touch è considerata un must. Trovo che grazie ad essa l’interazione con il “libro” sia più profonda rispetto a quella tradizionale su tastiera/comandi. Quindi procedete eliminando tutti quei device obsoleti che sono privi del touch: sfoltita la rosa sicuramente la vostra scelta sarà più facile!




