Chiudo quest’anno con un post più “leggero” del solito ma di alto livello simbolico; parlerò infatti della nuova applicazione (la 2.0) rilasciata da Dropbox per dispositivi Android, che a mio vedere riassume in un certo senso gran parte dei discorsi fatti nel corso del 2011 sul fenomeno del cloud computing, sul numero crescente di individui ed organizzazioni che “archiviano” i propri file sulla nuvola, sul ruolo sempre maggiore svolto nelle nostre vite digitali / “sociali” dalla diffusione dei dispositivi mobili, etc.
In effetti usando la nuova release alcune feature, completamente nuove o la miglioria di già esistenti, balzano immediatamente agli occhi: 1) l’aspetto di condivisione risulta ulteriormente accresciuto (mail, social network, etc.): se Dropbox è nato per essere un “punto di accumulo neutro” di documenti e risorse che per loro natura possono essere usati su molteplici dispositivi (=> per evitare di dover tenere tali “documenti” su tutti quanti i possibili dispositivi, con evidente spreco di tempo, energie… e memoria!), il fatto che ora tali risorse possano venir fatte circolare e “proliferare” potrebbe apparire un controsenso. In realtà oggigiorno la condivisione di alcune risorse è considerata favorevolmente da molti guru essendo questa una via importante per sprigionare creatività altrimenti inespressa. Ovviamente per dati “delicati” l’esigenza principale è quella della riservatezza ed in tal caso tutto torna come prima. 2) Non c’è praticamente più alcuna distinzione tra dispositivi, nel senso che il PC non ha dal punto di vista logico dell’architettura del sistema alcuna centralità (ovviamente poi solo il PC avrà la potenza di calcolo e le capacità di elaborazione per effettuare sui documenti “archiviati” determinate operazioni ma questa, per l’appunto, è una limitazione di ordine tecnico / tecnologico…) 3) Tale perdita di centralità, alla quale fa da contraltare l’ascesa dei vari device collegati a Dropbox, è testimoniata dalla possibilità di modificare i titoli delle cartelle e dei file uploadati così come da una capacità basica di editing (brevi testi in formato .txt) 4) Oltre ovviamente a caricare su Dropbox è possibile ora anche scaricare i propri file sul dispositivo in uso (per la precisione sulla sua scheda SD).
Riassumendo questa nuova versione risulta decisamente più flessibile e versatile della precedente e pertanto credo risulterà gradita ai numerosissimi utilizzatori di Drobox, il cui successo è testimoniato anche finanziariamente dalla facilità con la quale il fondo Sequoia Capital ha raccolto fondi presso gli investitori istituzionali per garantirne l’ulteriore crescita. Pur avendo già rilevato come quelli sulla nuvola non possano essere considerati archivi nel senso pieno del termine è inutile dire che in futuro le strategie di “conservazione” dei propri documenti digitali da parte di individui ovviamente ma anche di organizzazioni passeranno sempre più per la nuvola. Vi è semmai da sperare che gli ingenti capitali raccolti vengano anche utilizzati per realizzare future versioni di Dropbox maggiormente in grado di aderire a quelli che sono gli standard archivistici.
31 Dic