Tra metacloud e personal cloud passa il destino degli archivi di persona digitali?

Zero PC Cloud - Storage Analyzer

Zero PC Cloud – Storage Analyzer

Di metacloud me ne sono già occupato in questo blog ed in particolare con l’occasione avevo descritto il funzionamento di Zero PC; ritorno oggi sull’argomento non solo perché di recente quest’azienda ha rilasciato la nuova versione del suo servizio web-based (rammento che non ho alcun tornaconto a spingere per questo o quel servizio) ma soprattutto perché le linee di sviluppo seguite sembrano paradossalmente confermare le altrettanto recenti previsioni di Gartner circa l’inarrestabile ascesa dello storage sulla nuvola in special modo da parte di privati.
Quali sono dunque, per iniziare, le novità introdotte da Zero PC? Oltre ad una grafica più pulita ed intuitiva, la nuova release si caratterizza innanzitutto per l’accresciuto numero di servizi terzi che si possono gestire: in particolare ci sono, eccezion fatta per iCloud, tutti i principali provider di cloud storage come Box, Dropbox, Drive, Skydrive, etc. al punto che solo ad essere membri free di questi servizi si raggiunge il ragguardevole valore di 40 GB di spazio disponibile (per vedere in dettaglio quanto ce ne rimane di residuo sui vari servizi c’è l’utilissimo Storage Analyzer all’interno del Cloud Dashboard). Ma Zero PC non è mero un gestore di spazi di “archiviazione” e di backup, anzi la nuova versione dimostra appieno la volontà di andare oltre a questo ruolo: a fianco dell’Universal Inbox (che gestisce tutta la messaggistica, quindi non solo email ma anche tweet), hanno fatto la loro comparsa il browser di navigazione interno, il player in HTML 5 e soprattutto la suite di produttività online ThinkFree che permette di creare documenti in formato .doc, fogli di calcolo Excel e presentazioni in Power Point.
Ne risulta, per l’utente, la sensazione di trovarsi in un unico spazio di lavoro e di archiviazione, connotato da condivisione spinta ed elevata versatilità.
E qui il ragionamento si salda con le previsioni di Gartner (spesso tutt’altro che infallibili ma che nello specifico caso ritengo verosimili) alle quali avevo fatto cenno all’inizio: secondo questa importante società di analisi e di ricerca nel 2016 gli utenti / consumatori caricheranno nella nuvola circa il 36% dei propri contenuti digitali (essenzialmente foto e video; a far da volano al fenomeno è infatti la diffusione di device, come i tablet e gli smartphone, con foto/videocamera integrata) mentre la percentuale di contenuti archiviati on premise scenderà dall’attuale 93 al 64%. Anche quando effettuata in locale non si tratterà più comunque di un’archiviazione “statica”: soluzioni di personal cloud capaci di integrarsi in primo luogo con la propria rete domestica ed in seconda battuta con quelle di altri utenti diventeranno la norma.
Questo mix di storage remoto e locale sarà inevitabile anche in vista della crescita esponenziale dei dati posseduti: sempre secondo Gartner ciascun nucleo familiare passerà dagli attuali 464 GB ai 3,3 TB del 2016. L’uso massiccio e quotidiano che verrà fatto delle diverse tipologie di storage condurrà alla loro trasformazione in commodity: per l’utente finale, in poche parole, un servizio varrà l’altro il che non è esattamente il massimo del desiderabile per le aziende che vi basano il proprio business (di qui l’invito di Gartner, rivolto a queste ultime, a ripensare strategicamente il proprio approccio)!
In effetti già ora con i servizi di metacloud, di cui Zero PC è esempio lampante, tutto tende a confondersi nella mai così nebulosa cloud, al punto che non fa apparentemente differenza che un file risieda su Dropbox anziché su Skydrive (tanto Zero PC mi ritrova tutto e posso spostare lo stesso file da una parte all’altra con la massima facilità!): in realtà le condizioni contrattuali, le soluzioni tecnologiche adottate, la qualità del servizio, etc. che sono alle spalle dei diversi servizi possono differire anche sensibilmente! Ma di ciò l’utente medio non è consapevole oppure non vi attribuisce la dovuta importanza.
In altre parole temo che nel prossimo futuro tutto (da una parte i servizi di metacloud che ti invitano a caricare sulla nuvola tanto ci pensano loro a gestire il tutto, dall’altra l’archiviazione in locale che si fa commodity) concorrerà ad aumentare la “disinvoltura” con la quale gli individui “gestiranno” i propri archivi digitali di persona, con le immaginabili conseguenze in termini di potenziale perdita dei dati, di (mancata) tutela della privacy, di (non) oculata gestione della propria identità digitale, etc. Insomma, prospettive non esattamente incoraggianti!
Concludo però facendo notare come il tipo di tecnologia è sì importante ma non decisivo: dati e documenti sono andati definitivamente persi per noncuranza o semplice ignoranza (ed in alcuni casi per deliberata volontà!) in ogni epoca e a prescindere dalla tipologia di supporti adottati. Come ricordato in altri post il problema che ora si pone in ambiente digitale è che serve una chiara e duratura volontà di mantenere “vivi”, conservandoli nel tempo, i vari oggetti digitali che andiamo creando in maniera esponenziale nel corso della nostra esistenza. Questa volontà, a sua volta, non può prescindere dalla presenza, nel soggetto produttore (il singolo individuo, nel caso specifico) di una particolare sensibilità per queste tematiche e soprattutto la consapevolezza che dei fatti, degli avvenimenti, delle cose teniamo memoria non solo perché è un obbligo di legge o perché ne abbiamo materialisticamente l’interesse ma soprattutto perché la memoria è un valore. Temo purtroppo che i nostri tempi non siano i migliori per un simile scatto culturale.

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