In una realtà tecnologica in continua ed ossessiva evoluzione non abbiamo ancora metabolizzato il concetto di cloud computing che già si inizia a parlare di metacloud; se con il primo intendiamo “un insieme (o combinazione) di servizi, software e infrastruttura It offerto da un service provider accessibile via Internet da un qualsiasi dispositivo” (definizione data da Rinaldo Marcandalli) in che cosa consiste ora questo andare “oltre la nuvola”?
In definitiva non è nulla di trascendentale: di norma con questo neologismo si fa riferimento a quei servizi (uno è Zero PC, lo cito giusto perché vi facciate un’idea) che consentono di gestire in modo semplice ed immediato, attraverso un’interfaccia unica, i contenuti prodotti e caricati su distinte cloud a) principalmente da individui b) che hanno in dotazione molteplici dispositivi. Per fare un esempio concreto se si usa un servizio di metacloud non è più necessario collegarsi a Flickr, Picasa od Instagram per visualizzare le proprie foto così come non serve accedere ai servizi Google per leggere i propri documenti (Google Docs) e mail (GMail); analogamente avviene con Evernote per la propria “bacheca virtuale”, con Dropbox o Box.net per il proprio spazio di storage e con Twitter e Facebook per quanto concerne la gestione delle proprie reti sociali.
Visto sotto questo punto di vista è innegabile che un servizio di metacloud presenta molteplici aspetti positivi: 1) non occorre più ricordarsi su quale servizio / dispositivo si trova tale foto e talaltro documento, in quanto con una semplice ricerca per nome, tag, data, etc. si individua il contenuto desiderato punto e basta 2) dal momento che anche il metacloud è un servizio web based, l’accesso ai propri contenuti digitali è H24 e device independent 3) non occorre più ricordarsi tante credenziali di accesso quante i servizi che si adoperano 4) spesso e volentieri è compreso il servizio di backup automatico dei propri dati e documenti dalle molteplici nuvole (ciascuna corrispondente ai vari servizi cui siamo iscritti) alla “metanuvola” (il citato ZeroPC ad esempio mette a disposizione 1 GB nella versione gratuita).
Quest’ultimo punto ci introduce alla parte più propriamente “archivistica” della questione (ma a ben guardare c’è pure un risvolto “biblioteconomico”, giacché sulla nuvola posso caricare anche la mia biblioteca personale composta di e-book!): come ormai saprete sono fortemente convinto che il cloud computing rappresenti un grosso pericolo per quelli che sono i moderni archivi di persona (diverso il caso di realtà più strutturate come aziende e pubbliche amministrazioni che peraltro sono tenute per legge a gestire e conservare i propri documenti). Infatti tale paradigma tecnologico, unitamente all’esplosione quantitativa degli strumenti di produzione, comporta una frammentazione / dispersione fisica dei propri dati e documenti su molteplici servizi e supporti di memoria al punto che è facile perdere la cognizione di “dove si trovi cosa”. In questo senso la comparsa di servizi di metacloud è la naturale risposta alla perdita di controllo conseguente al passaggio sulla nuvola ed è apparentemente in grado di ridare unità logica (ed eventualmente anche fisica, qualora si proceda al backup sulla metanuvola, poniamo quella di Zero PC) a quelli che altrimenti non sarebbero altro che frammenti sparsi della nostra vita digitale. Purtroppo non son tutte rose e fiori perché un servizio di metacloud soffre di molte di quelle problematiche già evidenziate per il cloud computing, vale a dire a) il rischio di hijacking nella fase critica del trasferimento dati da/per la nuvola / metanuvola, b) policy non adeguatamente esplicitate in fatto di tutela dei dati caricati, di localizzazione dei data center e delle misure di sicurezza ivi adottate, etc.
Partendo dal presupposto che il modello del cloud sia irrinunciabile nell’attuale contesto tecnologico, sociale ed economico, il problema dunque che si pone è il seguente: come mantenerne gli indiscutibili benefici limitando e se possibile azzerandone le controindicazioni (sempre in relazione all’uso da parte di singoli individui; n.d.r.)? Il metacloud è una prima strada che, come abbiamo visto, risolve parzialmente le cose; l’altra a mio avviso non può che essere quella delle personal cloud, alle quali ho già fatto cenno in un precedente post. Quest’ultima soluzione permette un controllo nettamente maggiore (e migliore) dei propri contenuti digitali così come per tutto ciò che concerne la sicurezza fisica anche se ad oggi risulta assai più costosa e sottintende una tutt’altro che scontata sensibilità archivistica in capo al suo “proprietario”, senza che peraltro vengano eliminati gli annosi problemi relativi all’affidabilità, autenticità, etc. dei dati e documenti medesimi.
Insomma, per concludere, neppure le personal cloud sembrano risolvere tutti i problemi, anche se a ben guardare una possibilità ci sarebbe e consisterebbe nel consentire al singolo individuo di effettuare la copia di backup della propria nuvola personale all’interno di porzioni di server appartenenti, che ne so, agli Archivi di Stato, che verrebbero così a svolgere la funzione di trusted repository in favore di tutta la collettività; peccato che tutto ciò presupponga un salto tecnologico, e soprattutto culturale, che allo stato attuale delle cose è pura utopia… Sia come sia l’importante è che l’attenzione sui destini degli archivi di persona nell’era digitale non venga mai meno.
28 Feb
Oltre le nuvole
Posted febbraio 28, 2012 by Simone Vettore in Uncategorized. Tagged: archivi di persona, archivi di stato, biblioteca personale, cloud computing, e-book, metacloud, personal cloud, rinaldo marcandalli, trusted repository. 7 commenti
Posted by La settimana prossima arriva Drive, il servizio di cloud storage di Google. Cosa cambia per gli archivi « Memoria digitale on aprile 17, 2012 at 6:11 PM
[…] non vorrei che si rafforzasse quella frammentazione degli archivi, specie quelli di persona, di cui ho ripetutamente parlato: giusto per fare un esempio “mirato” se possiedo casualmente uno smartphone HTC, un […]
Posted by Tra metacloud e personal cloud passa il destino degli archivi di persona digitali? « Memoria digitale on agosto 1, 2012 at 2:07 PM
[…] occupato in questo blog ed in particolare con l’occasione avevo descritto il funzionamento di Zero PC; ritorno oggi sull’argomento non solo perché di recente quest’azienda ha rilasciato la […]
Posted by Archivest sans frontières « memoriapuntodoc on agosto 20, 2012 at 7:06 am
[…] svolgere la funzione di trusted repository per gli archivi di persona, come dice Simone Vettore qui, per poi aggiungere […]
Posted by Società dell’immagine ed archivi fotografici digitali di persona « Memoria digitale on gennaio 21, 2013 at 3:30 PM
[…] un “metacloud” specifico per le nostre foto (mentre ZeroPC, per chi si ricorda il mio post di qualche tempo fa, è più generalista) 2) la presenza di una timeline assicura (tendenzialmente) la presenza di un […]
Posted by Letizia Cortini on gennaio 31, 2014 at 7:23 am
Mi era sfuggito. Molto interessante. Possiamo pensare a una versione con qualche variante che comprenda anche l’annuncio del tuo ultimo post x Il Mondo degli Archivi?
Posted by Simone Vettore on gennaio 31, 2014 at 1:27 PM
Ciao Letizia, senz’altro! Tra l’altro (come oramai tempo fa promesso) ho pure un altro “pezzo” che pensavo di proporti a breve sempre per Il Mondo degli Archivi… A presto
Posted by Letizia Cortini on gennaio 31, 2014 at 2:22 PM
Benissimo, grazie! Allora aspettiamo entrambi …. a breve ;). Cari saluti