Google ed il data center galleggiante

Il data  center galleggiante di Google

Il data center galleggiante di Google

Di data center (DC), in questi anni, mi sono occupato per i più svariati motivi e sotto molteplici prospettive: vuoi perché essi sono infrastruttura necessaria (ma purtroppo non sufficiente!) per mantenere in vita le speranze di archivi e biblioteche di giocare un ruolo nella società digitale, vuoi perché la loro corretta gestione (leggasi: dei dati in essi custoditi) impatta direttamente sulla privacy di tutti noi, vuoi ancora per i risvolti più strettamente tecnologici inerenti alle modalità con i quali li si costruisce (e a dove li si colloca) e, a cascata, alle possibilità di assicurare la loro continuità operativa nonché, nella peggiore delle ipotesi, la sopravvivenza dei contenuti digitali in essi custoditi.
La notizia che vado qui a commentare riassume in sé un po’ tutti questi aspetti: Google starebbe costruendo (il condizionale è d’obbligo non essendoci infatti conferme ufficiali da parte di Mountain View ma tutti gli indizi lasciano presupporre che sia effettivamente così), su un molo affacciantesi sulla baia di San Francisco, un avveniristico data center galleggiante.
Naturalmente la maggior parte dei commentatori ha spiegato la costruzione come esito della naturale ricerca, da parte dei colossi dell’high tech, di data center meno energivori: in tal senso la scelta dell’ambiente acquatico sarebbe l’ideale (a parte la presenza di sale), in quanto l’acqua potrebbe venir impiegata, oltre che per il raffreddamento delle macchine, anche per generare l’energia elettrica (in tutto od in parte non è dato sapere) necessaria al suo funzionamento. Inoltre questo data center galleggiante, potendo muoversi (nell’articolo sopra linkato si assicura che quella sorta di chiatta destinata ad ospitare i container modulari – che a loro volta andrebbero a comporre il DC in una sorta di Lego – ha capacità nautiche tali da poter andare praticamente ovunque), assicurerebbe l’ulteriore vantaggio di spostarsi in base alle esigenze, mettendolo al riparo da tutte quelle minacce atmosferico-ambientali che, per quanto ci si sforzi di realizzarli in luoghi sicuri, tipicamente affliggono i data center fissi.
Un ulteriore “vantaggio competitivo” potrebbe essere rappresentato dalla possibilità di servire aree geograficamente prive di tali infrastrutture vitali (si pensi al continente africano ed a molte regioni asiatiche): in questo senso il data center galleggiante ben si inserirebbe all’interno di altri progetti (non disinteressati, si badi) portati avanti da Google e tesi a ridurre il digital divide, come quello che prevede la realizzazione di dirigibili i quali, sorvolando le aree più remote di Africa ed Asia, letteralmente le irradierebbero dall’alto con il “vitale” segnale Wi-Fi, donando loro la connessione. Brin e Page, in altri termini, si presenterebbero come moderni “liberatori” e civilizzatori di queste nazioni arretrate…
Non meno importanti le considerazioni relative alla privacy: in tempi di datagate la presenza di un data center mobile, sottraibile dunque dalle grinfie dell’NSA, è politicamente decisamente vantaggioso ed al contrario un’ottimo modo per rifarsi un’immagine davanti ai propri utenti, ai quali si dimostrerebbe che l’azienda californiana resta fedele, nonostante tutto, al suo vecchio motto “Don’t be evil”. In verità anche sotto questo aspetto non c’è da stare molto sereni, essendo Google una maestra in fatto di data mining, tanto più che tra le due sponde dell’Atlantico la concezione della privacy si va divaricando in misura crescente ed i colossi d’oltre oceano sembrano sempre più in grado di imporre la loro legge.
In altri termini la presenza di data center che sfuggono a qualsiasi forma di controllo rappresentano un motivo di preoccupazione tanto quanto quelli, posti sul suolo degli States, che stando alle ultime indiscrezioni di giornale paiono sempre più essere stati dei veri e propri “libri aperti” per le varie agenzie federali. Forse sarebbe il caso di cercare soluzioni alternative all’apparentemente inarrestabile processo di concentrazione in pochi ed enormi DC e, parallelamente, di realizzare dorsali Internet meno americanocentriche.
Ma mi fermo qui, che sono già andato sin troppo off-topic

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One response to this post.

  1. […] aspetti quali la dislocazione geografica (con tentativi talvolta stravaganti, come il fantomatico data center galleggiante approntato nella baia di San Francisco proprio da Big G e che così tanto ha fatto discutere lo […]

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