Nell’attesa che domani si inauguri la tradizionale Frankfurter Buchmesse, lunedì c’è stata un’anteprima incentrata sull’ebook con il Publishers Launch Frankfurt. I temi affrontati sono stati molteplici: dall’importanza crescente del self-publishing alla convergenza tra tablet ed ereader, dal ruolo delle politiche di prezzo per far breccia nei lettori al ruolo assunto da big player e newcomer nelle varie realtà locali.
Insomma tanta carne al fuoco e, per l’Italia, qualche nota dolente. Sono stati infatti presentati i dati aggiornati di un’indagine di A.T. Kearney / BookRepublic che avevo a suo tempo commentato.
Oggi come allora ho trovato quei dati, una volta incrociati con gli altri disponibili, interessanti ma oggi come allora ho trovato discutibili le conclusioni da essi desunte.
D’accordo, le sensibilità sono molteplici e ciascuno pone l’accento su un aspetto piuttosto che su un’altro (l’incidenza dell’IVA, l’abitudine all’e-commerce, etc.) ma mi pare che si continui a sottovalutare l’effetto traino che solo la diffusione capillare di tablet ed ereader possono garantire. Non è infatti un caso se in Italia questi due dispositivi assieme arrivano a 900mila unità e l’incidenza dell’ebook sul totale è appena dello 0,5% (lontani anni luce da quell’1% cui si sperava di arrivare per la fine dell’anno) mentre in Germania sono 2 milioni ed 800mila e la quota si assesta allo 0,9% per finire con il Regno Unito dove con 3 milioni e 700mila dispositivi l’ebook arriva al 3,7%! Insomma la regola sembra essere che più dispositivi ci sono, più il libro digitale è diffuso (unica eccezione la Francia dove a fronte di quasi 2 milioni di dispositivi e con molti più titoli la percentuale dell’ebook è identica a quella dell’Italia).
La domanda capitale è dunque la seguente: come far sì che questi dispositivi di lettura riescano a diffondersi il più rapidamente possibile. Anche qui le varie risposte fornite mi sembrano non centrare il bersaglio: d’accordo abbassare il prezzo degli ebook (ed in Italia l’IVA applicata), d’accordo incentivare il self-publishing e d’accordo anche aumentare il numero di titoli, ma se non si crea un sistema equo, privo di lacci e lacciuoli la gente non passa “al nuovo”, visto e considerato che questo nuovo è peggio del vecchio e soprattutto costa come minimo un centinaio di euro! Quindi niente DRM, niente lock-in, niente formati proprietari, niente frammentazione dei titoli tra i vari online bookshop! Solo così, a mio parere, l’ebook potrà decollare anche in Europa.
Ciò detto, non ci resta che aspettare il tradizionale rapporto dell’AIE sullo stato dell’editoria in Italia, che domani verrà presentato sempre a Francoforte, e vedere se ci riserverà qualche sorpresa.
PS Mi si potrà obiettare che negli Stati Uniti l’ebook va alla grande nonostante il sistema patisca quelle “tare” che propongo di abbattere (emblematica Amazon con il suo Kindle ed il relativo formato proprietario mobi); è vero, ma negli Stati Uniti ed in generale nel mondo anglo-sassone (non è una coincidenza se il Regno Unito rappresenta in Europa la punta più avanzata del fenomeno ebook) molte catene librarie, Amazon ovviamente ma anche Barnes & Noble, sono penetrate a fondo nel tessuto sociale. L’azienda di Seattle ad esempio grazie all’eccellente servizio di customer care e ad un marchio riconosciuto come tale ha potuto lanciare il suo Kindle e, sfruttando la reputazione acquistata, farlo accettare ai suoi clienti che “si sono fidati” di lei. B&N d’altro canto, a prescindere dalle valutazioni su un siffatto sistema, è capillarmente diffusa all’interno della rete delle biblioteche di ogni ordine e grado del sistema scolastico americano, fattore che ha funto da volano nel momento in cui si è passati a modalità di studio di tipo e-learning basate ovviamente sul proprio Nook. Condizioni difficili da ricreare in Europa e che rafforzano la mia convinzione circa la necessità di togliere quelle strozzature che elencavo prima, pena l’affossamento di un settore che al contrario potrebbe essere vitalissimo.
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