Un recente studio di Gartner, significativamente intitolato “Greening the Cloud: Location Is Critical for the Sustainable Future of Outsourced Data Storage and Services”, offre una prospettiva d’analisi diversa relativamente alle modalità di implementazione del cloud computing in generale e della propria server farm nello specifico.
Fino ad oggi infatti la maggior parte degli studi poneva l’attenzione sui vantaggi “convenzionali” ottenibili affidando a terzi la propria infrastruttura IT. I fattori generalmente citati come positivi andavano dal risparmio nell’acquisizione di hardware alla successiva gestione e manutenzione, alla sua scalabilità nonché ai miglioramenti “operativi” con ricadute finali sulla produttività complessiva dell’organizzazione. I benefici dunque in quest’ottica rientravano in tre grandi categorie: finanziari, tecnologici (= un’infrastruttura più snella e competitiva ideale per un mondo in cui mobilità e connettività “sempre ed ovunque” sono ormai elementi imprescindibili) ed operativi.
A fronte di questi vantaggi gli aspetti negativi che gli esperti erano (sono) soliti sollevare riguarda(va)no la sicurezza dei dati sensibili risiedenti presso server di terzi (ovviamente siamo nel caso di public cloud) ed i conseguenti rischi operativi e soprattutto legali derivanti dalla scelta di ricorrere ai servizi sulla nuvola.
Paradossalmente quello della sicurezza dei dati, che per molti sarebbero fortemente a rischio, era (è) un punto che gli esperti pro cloud sistematicamente presenta(va)no come punto di forza della nuvola in quanto a loro avviso in un sistema basato su di essa la ridondanza dei dati e delle infrastrutture, la sicurezza delle location fisiche (realizzate in luoghi geograficamente a basso rischio di disastro naturale / ambientale e dotate dei migliori sistemi di sicurezza, monitorati h24 da personale altamente qualificato), etc. darebbero massime garanzie in termini non solo di sopravvivenza dei dati ma anche di business continuity. Insomma, secondo costoro se non è il non plus ultra poco ci manca!
Lo studio Gartner che mi ha dato lo spunto per questo articolo si inserisce in questo contesto, nel quale le valutazioni di ordine economico sono di primaria importanza, ma compie un salto di qualità; infatti se fino ad oggi nel momento in cui si decideva dove localizzare geograficamente la propria infrastruttura IT si tenevano per l’appunto a mente aspetti quali sismicità della zona, presenza di corsi d’acqua (= rischio esondazione) o per contro vicinanza al mare (= tsunami) e via discorrendo (tutti aspetti che dovrebbero essere ben analizzati, predisponendo contestualmente adeguate contromisure, nei vari piani di sicurezza e di disaster recovery) ora gli analisti Gartner evidenziano come un altro aspetto vada tenuto in debita considerazione: la disponibilità in loco di energia pulita.
Come accennavo, le basi del ragionamento sono squisitamente economiche: poiché una delle principali voci di costo nel mantenimento delle imponenti server farm è quella energetica (i consumi vanno alle stelle soprattutto per riscaldare / raffreddare gli impianti e gli ambienti tout court), tutte quelle aziende che intendono passare al cloud come scelta strategica di lungo periodo dovrebbero localizzare le proprie infrastrutture IT / affidarsi ad aziende localizzate in luoghi e/o nazioni nei quali vi sia abbondanza di energia pulita e possibilmente low cost.
L’esempio portato da Gartner è lampante: l’Australia, troppo dipendente dal carbone (ed in generale dai combustibili fossili), sconterebbe uno “svantaggio competitivo” rispetto alla “vicina” Nuova Zelanda, dove un giusto mix di energie rinnovabili (eolico, fotovoltaico, etc.) garantirebbe, grazie anche alla politica governativa che tende ad incentivarne l’uso, notevoli vantaggi a quelle aziende che intendono qui impiantare la loro server farm (se si guarda al rischio sismico, lasciatemi dire, non si tratta di un bell’affare…).
Ovviamente, conclude Gartner, l’accesso ad energia “verde” e ad un prezzo accessibile non è che un tassello nella risoluzione del “problema energetico”; così sarebbe auspicabile che dal punto di vista costruttivo oltre agli aspetti di sicurezza (impianti antincendio, porte tagliafuoco, etc.) si tenesse conto di fattori quali l’isolamento termico / dispersione del calore e magari integrando nelle strutture stesse delle farm pannelli fotovoltaici a film “di nuova generazione” e via discorrendo!
Insomma, uno studio che apre nuove prospettive anche per paesi come l’Italia (che in fatto di rinnovabili sta facendo notevoli passi in avanti e che ha un enorme potenziale inespresso, anche se ad oggi la dipendenza dai combustibili fossili resta schiacciante), dove altri fattori (elevata percentuale di territorio a rischio idrogeologico e/o sismico su tutti, ma anche scarsa disponibilità di personale skilled reperibile sul posto) sembrerebbero giocare a suo sfavore e che viene incontro, specie per le Pubbliche Amministrazioni, a quelle che sono precise disposizioni di legge (che prevedono ad esempio la residenza di particolari tipi di dati all’interno di server situati geograficamente sul territorio nazionale) nonché alla particolare “sensibilità” di istituzioni quali gli archivi e le biblioteche, per i quali il patrimonio culturale dell’Italia (digitalizzato o in via di produzione che sia) non può e non deve finire all’estero per la mera necessità di risparmiare.
Come ormai consueto ho creato una versione storyfizzata (pertanto fornita degli opportuni link e riferimenti) di questo post: per questa lettura “alternativa” cliccate qui.
Posted by La natura infrastrutturale degli archivi contemporanei « Memoria digitale on Maggio 8, 2012 at 2:13 PM
[…] troppo calde! Inoltre, sarebbe auspicabile che nella realizzazione dei DC europei si metabolizzasse l’approccio “green” di Gartner e, pertanto, si facesse ricorso a fonti di energia […]
Posted by Nelle reti neurali il futuro dei data center (e degli archivi digitali)? | Memoria digitale on giugno 4, 2014 at 12:21 am
[…] dei propri DC, invece di seguire le teorie “classiche” che puntano su aspetti quali la dislocazione geografica (con tentativi talvolta stravaganti, come il fantomatico data center galleggiante approntato nella […]