Cloud computing in archivi e biblioteche: tutti lo usano, nessuno ne parla

Del cloud computing tutti ne parlano: ne parlano i CFO e ne parlano i CIO, ne parlano gli economisti e ne parla il Garante della Privacy, ne parlano i nostri amministratori pubblici e ne parlano i costruttori di automobili. Ne parlano però poco o nulla gli archivisti ed i bibliotecari.
Eppure il cloud computing è già usato da tempo tanto da archivisti che da bibliotecari sia nella sua versione SaaS (Software as a Service; una volta si sarebbe detto client-server in opposizione a stand alone; n.d.r.) attraverso software come Clavis NG, ICA-Atom, x-Dams (nel sito ufficiale lo si definisce di tipo ASP, ma la sostanza non è molto diversa), sia nella sua versione IaaS (Infrastructure as a Service): che altro è una biblioteca digitale se non un esempio ante litteram di cloud computing? Che le risorse digitali siano stipate in server di proprietà o affittati dall’altra parte del mondo, poco cambia nella sua struttura logica!
Eppure a parte qualche riferimento sparso (soprattutto da parte di chi si occupa del lato “informatico”, uno su tutti Valdo Pasqui) pochi, veramente pochi lo citano in modo esplicito!

Scelta deliberata per non rispondere ai quesiti posti dalla nuvola o ignoranza?

PS Personalmente mi sono interessato al tema da qualche anno a questa parte e a breve pubblicherò qualcosa a riguardo.

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